Paola Tavella, ཿio donna 19/3/2005, 19 marzo 2005
Nel 1616 un comitato di dottori della Chiesa bollò il cacao come «esecrabile agente di negromanti e stregoni» che «portava seco la malvagità e il fermento della rivolta»
Nel 1616 un comitato di dottori della Chiesa bollò il cacao come «esecrabile agente di negromanti e stregoni» che «portava seco la malvagità e il fermento della rivolta». Nel 1650 i gesuiti della Nuova Spagna tentarono di bandire la bevanda tra i Gesuiti, ma molti abbandonarono la Compagnia piuttosto che privarsene. Per due secoli ci si interrogò intorno al problema se la cioccolata ”rompesse il digiuno” o meno: il primo a decidere in merito fu Papa Pio V, che dichiarò che, se preparata con acqua, poteva essere consumata durante l’astinenza; gli ordini più ascetici però criticarono questa impostazione: i carmelitani scalzi, per esempio, punivano con tre giorni a pane e acqua i monaci che ne facevano uso considerando il cioccolato alleato dei peccati della carne; Pio VI infine (1717-1999) ne autorizzò il consumo ma solo al di fuori delle mura del monastero o in caso di malattia (da Paul Richardson, ”Il piacere del cioccolato”)