Varie, 19 marzo 2005
MURGIA Tiberio
MURGIA Tiberio Oristano 5 febbraio 1929, Roma 20 agosto 2010. Attore • «Segaligno con baffetto alla siciliana, l’occhio assente, le ciglia eternamente sollevate in segno di meraviglia. Una sorta di meraviglia “rassegnata”. Cadenza sarda da oristanese “doc” mascherata con accento siculo, talmente ostentato da far finta di crederci: perché ha sempre funzionato, eccome. […] da quel fatidico pomeriggio del ‘57 (“Ero a Piazza di Spagna a rimorchiare, in quel periodo facevo il lavapiatti al Re degli amici, una trattoria in via della Croce... ‘Volevamo sapere se era interessato ad un provino’, mi si avvicinò una ragazza... la sera vennero a cercarmi al ristorante. Sapete chi erano quei signori? Mario Monicelli e la segretaria di edizione Silvana Mangini e gli sceneggiatori Age e Scarpelli. Io dissi sì al provino per Le madame , poi il titolo del film venne censurato e divenne I soliti ignoti”) […] il cinema si è arricchito di un personaggio scolpito, inventato dal nulla ma come se fosse stato lì da sempre. Potente come una maschera della Commedia dell’Arte: Ferribotte. Nome: Tiberio. Cognome: Murgia. Caratterista, spalla, comprimario[…] attore umile, generoso e davvero bravo, […] infanzia poverissima, quarto di nove figli, ad otto anni garzone di bottega, poi disinfestatore della paludi sarde, iscritto al Pci sperando anche di ricavarne qualche vantaggio (economico), emarginato dal suo paese perché era un “rosso” e cacciato più tardi dal partito per una relazione extraconiugale consumata nella sezione stessa. Murgia non si fa mancare niente, neanche il lavoro da minatore nel Belgio, salvo per miracolo dalla tragedia di Marcinelle, infine a Roma aiutato da una sorella cameriera. “... Dovevamo litigare tutti e due, io e la Cardinale, in siciliano stretto, ma la scena non veniva. Monicelli ci dice: ‘Sentite, lasciate il copione e dite quello che vi pare nelle vostre lingue!’, ossia la Cardinale in francese e io in sardo. Ci siamo presi a parolacce, tanto non capiva nessuno...”. Ha inizio così il capitolo I soliti ignoti , con l’arrivo, sulla terrazza di un casermone di otto piani, di sua maestà Totò, portato in braccio dai macchinisti perché già non ci vedeva quasi più. E prende il via la grande amicizia con Gassman e Mastroianni (“Sul set Vittorio mi dava coraggio e io lo ricambiavo a modo mio: gli preparavo ogni giorno le sigarette con le cartine e il trinciato forte. Le facevo anche per Mastroianni, sempre simpatico e affettuoso”) e quella con Capannelle (“Con Marcello e Vittorio si parlava spesso di donne e alla chiacchierata partecipava anche Capannelle: vecchietto e sdentato com’era, me lo ricordo sempre in compagnia di belle signore. Una di queste poi l’ha impalmato e gli ha prosciugato tutto”). Il successo del film fu immediato, strabordante (“Mi comprai una 1100 nera con gli interni rossi, mi sono rifatto l’armadio, i vestiti intendo”) poi arrivò L’audace colpo di Loy, l’incontro con Manfredi (“Era tutto casa e lavoro, lavoro e casa”) e più in là i “musicarelli”, i film balneari, l’inevitabile lavagna con simpatici (Aldo Carotenuto, Alberto Sordi) e antipatici (Nazzari e Peppino De Filippo, Arena e Salvatori, Franco Fabrizi e Marisa Merlini, Franchi e Ingrassia), fino alla Dolce Vita (“Non ho mai chiamato i paparazzi per dirgli ‘stasera sto con l’amica, venitemi a fotografà’”), il ‘68 de La ragazza con la pistola, i ‘70 del sexy-trash e i recenti anni del teatro. Murgia il “povero non bello”, esempio di professionismo in questi anni di eccesso di dilettantismo. Murgia il “fedele a se stesso”:“«Il mio vecchio passaporto me lo porto sempre in tasca. Tiberio Murgia, c’è scritto... segni particolari: inedia cronica. Questo termine me lo ha suggerito un mio amico. Io preferisco morto di fame. Una tradizione di famiglia”» (Leonardo Jattarelli, “Il Messaggero” 27/3/2005) • «A Marcinelle quella notte Tiberio si era dato malato invece di scendere in miniera, al piccone aveva preferito il talamo della moglie compiacente di un suo collega belga. Improvvisamente un’esplosione di gas uccide tutti gli altri minatori che erano scesi, tra cui anche il marito della signora. Tiberio per una notte d’amore adulterino si salvò la vita. Uno dei tanti incroci del destino attraversati con indifferente leggerezza da Tiberio Murgia nel corso della sua complicata esistenza, sardo di Oristano che riuscì a fuggire da una giovinezza di stenti e miseria indossando la maschera indimenticabile del siciliano. Di famiglia poverissima, inizia presto a faticare facendo il manovale, nei primi anni cinquanta, vendeva anche l’“Unità” per strada, i capoccia del Pci in lui individuano la stoffa di un compagno trascinatore di folla e lo mandano alla Scuola di partito delle Frattocchie, vitto alloggio e i soldi per le sigarette: una pacchia. Torna dopo sei mesi come segretario dei giovani comunisti, si sposa, ma non resiste ad allacciare un’avventura con una compagna del Pci: “Allora il partito non tollerava gli scandali sessuali - scrive nel libro di memorie Il solito ignoto. - ma quasi tutti i compagni se la facevano con le compagne della sezione”. Lui però lo fece allo scoperto e fu radiato. Emigra in Belgio, ma, come abbiamo visto, anche l’esperienza in miniera fu breve. Torna a Oristano, ma non ci resta molto, un’altra storia d’amore con una ragazza del posto gli impone di emigrare a Roma, anche per fuggire ai coltelli dei familiari della giovane che corteggiava pur essendo sposato. Nella capitale si adatta a fare il lavapiatti al “Re degli amici” trattoria del centro. Un giorno, a Piazza di Spagna, mentre faceva la corte a una bambinaia, viene avvicinato dall’assistente di Mario Monicelli che lo invita a un provino. Nasce Ferribotte dei Soliti Ignoti. Murgia si ritrova a recitare a fianco di Claudia Cardinale, anche se lei parla francese e lui sardo, verranno doppiati entrambi e nella prima versione del film lui anche sottotitolato per rendere più grottesca la calata sicula. La Regione Sicilia protesterà: “Mmica siamo arabi” e le copie con i sottotitoli saranno ritirate. Dopo aver girato il film Murgia si brucia velocemente i soldi guadagnati, parte per sciogliere il suo matrimonio alla Sacra Rota (dice lui), parte, ancor più cospicua, in amori non “disinteressati” (dicono i maligni a Oristano). Riprende a lavorare duro come manovale, partecipa alla fabbrica del Ministero degli Esteri al Foro Italico e della Corte dei Conti a Viale Mazzini. Passano mesi e Tiberio paradossalmente non sapeva di essere diventato un divo, un giorno quasi si accapiglia per strada con dei passanti che lo sfottevano facendogli battute in siciliano, lui non capiva si era già dimenticato del film, che tra l’altro aspettava di vedere con il titolo Le Madame, invece censurato perché giudicato irrispettoso delle forze dell’ordine e sostituito con quello che consegnerà il solito ignoto alla gloria. Tiberio rintraccia la produzione che lo stava cercando e firma in blocco tre contratti milionari. La sua vita da allora ha una svolta decisiva. Gira più di 150 film con i maggiori attori della commedia italiana: Sordi, Mastroianni, Totò, la Cardinale, la Vitti e un’infinità di altri. I soldi che guadagna significano bei vestiti nuovi, automobili a cominciare da una 1100 nera con autista, a una Cadillac e perfino una Ferrari, per vivere in pieno la dolce vita. Qui comincia la querelle dei familiari da Oristano che lo accusano di essersi dimenticati di loro, lui nella biografia ufficiale nega e anzi bolla i concittadini come provocatori: “A Oristano l’invidia era davvero tanta, i miei compaesani sono stati i miei migliori nemici quando tornavo o mi sfottevano o i più delinquenti cercavano di estorcermi denaro, una volta mi hanno pure picchiato e mi hanno costretto a rinchiudermi in casa”. […] Si sa come è la provincia, c’è chi dice che quando al tempo tornò lo fece con una delle sue macchinone di gran lusso e donne appariscenti al seguito, una spacconata che molti vantano di aver punito a furia di botte. Altri ancora ricordano che mentre lui se la spassava a Cinecittà, tra belle attrici e vita sfrenata, la moglie faceva quasi la fame sopravvivendo grazie a lavori umili e faticosi. Fino a che, dopo cinquant’anni, qualcuno ha deciso di mettere la parola fine alla guerra tra Murgia e Oristano, nasce così l’idea del Premio Tiberio per il miglior caratterista. […]» (Gianluca Nicoletti, “La Stampa” 19/3/2005).