19 marzo 2005
Tags : Jorge. Drexler
Drexler Jorge
• Nato a Montevideo (Uruguay) il 21 settembre 1964. Cantante. «Se la cerimonia di premiazione degli Oscar 2005 non fosse stata dominata dal derby Eastwood-Scorsese, l’uomo del giorno sarebbe stato lui: Jorge Drexler da Montevideo, che ha sollevato la statuetta per la migliore canzone con Al Otro Lado del Rio - bandiera sonora de I Diari della Motocicletta di Walter Salles - facendo molto rumore. Non tanto il rombante ingresso trionfale di Che Guevara nell’istituzione dell’Academy [...]. E nemmeno può far notizia più di tanto la prima nomination - e la prima vittoria - di un brano cantato in spagnolo. Prima o poi doveva succedere, la globalizzazione che ci sta a fare? Il fatto è che Drexler - il primo a sbigottire all’annuncio - ha vinto sbaragliando una qualificata concorrenza (dal Fantasma dell’Opera a Les Coristes, dai Counting Crows di Shreck 2 al Josh Groban di Polar Express), ma un’ora prima di ricevere sul palco il premio dalle mani di Prince ha assistito tra il pubblico all’esecuzione del suo brano, affidata con sfavillante logica hollywoodiana alla coppia Antonio Banderas-Carlos Santana. La parte di mondo che parla spagnolo è andata sottosopra, lanci di agenzia e articoli si sono lacerati tra grida di vittoria (i rimandi a quella specie di nuovo mito di fondazione che è la vittoria dell’Uruguay sul Brasile ai Mondiali del ’50 si sono sprecati) e urla di dolore per lo scippo subìto, per il ferimento dell’orgoglio nazionale. Rimbalzando anche nell’altra parte di mondo: il The Wall Street Journal ha fatto notare che nel giorno in cui la piccola nazione dell’Uruguay inaugurava la prima presidenza socialista della sua storia, con i negozi chiusi e un’inondazione di gente per strada, il titolo più grosso del maggiore quotidiano nazionale era per ”lo scandalo all’Oscar”. [...] ”Il problema non è stato con l’Academy, che infatti ha votato la mia canzone, ma con la produzione dello show, ipermediatico per natura. Quando ho chiesto spiegazioni al produttore, Gil Cates, facendogli notare che avevano scelto la mia canzone cantata con la mia voce, lui mi ha risposto che voleva per lo show solo artisti di alto profilo conosciuti in tutto il mondo. Gli ho detto che pur non condividendolo capivo il suo punto di vista, e gli ho proposto di scegliere insieme qualcuno che potesse rappresentare meglio il brano, se proprio non potevo essere io. Gli avrei fatto il nome di Caetano Veloso, per esempio. Lui è stato molto cortese ma diretto: ’ho fatto questo show dodici volte, e nessuno mi ha mai detto quel che devo fare’. Sono entrato in contatto con un forte punto di vista mediatico-fondamentalista. Non c’era spazio per invitarli a prendere qualche rischio, a scegliere altre voci, per loro non era questo il punto”. Così, una volta sul palco, statuetta in mano, Jorge ha preso il microfono, e anziché far seguire pavlovianamente al the winner is... i ringraziamenti di rito ha cantato a cappella un terzo della sua canzone ”e ho detto ciao”. Poco, forse, per farne un simbolo, ma Drexler ha educatamente spaccato l’ingessatura spingendo il paradosso al punto che questa protesta cantata è stata votata come secondo miglior discorso dei premiati della serata. ”Il vero paradosso è che l’Academy ha aperto la mente premiando una canzone come questa, latina pur se lontana dallo stereotipo latino dominante, ma la produzione dello show non ha fatto altrettanto. L’Academy ha preso una decisione ’artistica’ coraggiosa lasciando fuori dalle nominations Mick Jagger (per Alfie, ndr), la tv è rimasta impantanata nel vecchio [...] Non penso che si sia trattato di una discriminazione nei confronti della musica ’latina’, come ho letto. Hanno fatto lo stesso con la canzone francese, con quella di Groban. La canzone di The Phantom of the Opera l’hanno affidata a Beyonce, non a Minnie Driver che la canta nel film. Loro vogliono artisti molto popolari e ’hot’. Hanno bisogno di audience. Non è arte, è uno show televisivo” [...] Lui, che vive tra Montevideo e Madrid da molti anni, con la geografia ha un rapporto confidenziale. [...]. Suona molto brasiliano (alcuni brani figurerebbero lussuosamente nel songbook dell’attuale Veloso), flirta il giusto con l’elettronica, raccoglie musicisti di eterogenea provenienza e i frutti di collaborazioni con artisti lontani pochi o molti chilometri (da Paulinho Moska a Pablo Milanès, da Neneh Cherry a Jovanotti) [...]» (Luigi Iavarone, ”il manifesto” 18/3/2005).