Varie, 18 marzo 2005
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Bosman JeanMarc
• Liegi (Belgio) 3 ottobre 1964. Ex calciatore. A 10 anni entra nel vivaio dello Standard, a 19 anni è in prima squadra. Nel 1988 passa al Liegi i cui dirigenti, nel ’90, gli propongono un nuovo contratto con riduzione dello stipendio del 75%. Bosman viene contattato dal Dunkerque, club francese. Il Liegi pretende un indennizzo che il Dunkerque rifiuta di pagare e tutto salta. Nell’agosto ’90 Bosman cita per danni Liegi, federazione e lega calcio del Belgio. Il tribunale belga non accoglie le richieste del calciatore e Bosman si rivolge all’Alta Corte Europea che il 15 dicembre ’95 gli dà ragione, azzera i parametri a fine contratti e decreta la libera circolazione dei giocatori comunitari. «[…] ex grande promessa del calcio belga e all’epoca centrocampista del Royal Club di Liegi, rifiutò il rinnovo del contratto con riduzione dello stipendio del 75 per cento e iniziò la sua crociata per ottenere lo svincolo e poter giocare in un altro club. […] l’Alta Corte europea di Lussemburgo, dopo cinque anni di procedure, diede ragione al calciatore, abolì i parametri e decretò la libera circolazione dei giocatori europei. Una decisione che rivoluzionò lo sport e in particolare il calcio europeo e trasformò Bosman da nemico numero uno di federazioni e club in illustre visionario e primo difensore dei diritti dei giocatori. […] Bosman è fiero di aver combattuto e vinto una battaglia giusta e difficile che gli ha fatto a lungo toccare il fondo e permesso per qualche mese di essere al centro dell’attenzione. Ma non nasconde, con una certa amarezza, che la sentenza che porta il suo nome, se ha permesso a centinaia di giocatori di moltiplicare per dieci e a volte per cento il loro reddito, non ha certo cambiato la sua vita. […] “[…] mi hanno promesso mille cose, promosso vicepresidente di un sindacato che non esiste più, mi hanno utilizzato come una reclame, sventolato come una bandiera eppoi sono spariti... Vialli, Maradona, Cantona, l’avvocato Campana, i grandi giocatori e i responsabili sindacali europei? Li ho visti e sentiti spesso nei mesi successivi alla sentenza, ma da allora il telefono non squilla più. Credo che per molti, per tutti quasi, Bosman è solo il nome con il quale si ricorda a malapena una sentenza. L’unico ad essermi stato vicino nei momenti difficili, quando avevo toccato il fondo, ero depresso e costretto a vivere nel garage dei miei genitori, è stato Michel Preud’Homme. I soli giocatori che dopo la sentenza si sono ricordati di me sono quelli della nazionale olandese: mi hanno invitato in ritiro, mi hanno fatto una festicciola, mi hanno consegnato ciascuno una busta con 2.500 euro dicendomi ’quello che facciamo è ben poco rispetto a quello che tu hai fatto per i calciatori’. Delle parole che mi sarebbe piaciuto sentire da tanti altri, da tutti quelli che in tv, alla radio o sui giornali hanno parlato di me come se avessero combattuto e sofferto al mio fianco e che non ho mai visto, neppure alla partita organizzata in mio onore a Lilla. Un vero fallimento. Dovevano venire in centinaia e siamo riusciti a malapena a giocare in 22 […] all’inizio ’l’affaire Bosman’ non era altro che un conflitto tra un giocatore e un club belga. A creare il polverone sono stati il Liegi, la federcalcio, la Lega e la giustizia belga, l’Uefa che hanno pian piano trasformato una semplice causa tra dipendente e datore di lavoro in un conflitto di interessi internazionale. All’epoca i giocatori non avevano diritto alla parola e i club, invece di servirsi della mia causa per modernizzare il loro sistema quasi feudale, hanno fatto di tutto per mettermi al bando. Poi, dopo la sentenza dell’Alta Corte, mi hanno accusato di averli rovinati. Strano. […] Mi piacerebbe che di tanto in tanto i calciatori che ora vivono meglio e in un sistema che grazie alla mia battaglia ora è meno arcaico si ricordassero di me e che l’Uefa, che non mi ha mai perdonato, decidesse di rendermi omaggio per quello che ho fatto e organizzasse una partita in mio onore. […]”» (Giampietro Agus, “La Gazzetta dello Sport” 18/3/2005).