varie, 17 marzo 2005
Tags : Yuliya Mayarchuk
Mayarchuk Yuliya
• Odessa (Ucraina) 20 aprile 1979. Attrice. «[...] nata sovietica nella città di Odessa, emigrata all’ombra del Vesuvio [...] ingaggiata dal cinema. Scelta da Tinto Brass (che giurò di averla scovata in una pizzeria di Napoli) per il suo resistibile Tra(sgre)dire in virtù del ”fondoschiena irresistibile” [...] una particina nel serial di Raitre La squadra [...] in cui è la problematica fidanzata di un poliziotto [...] un metro e 65 per 50 chili distribuiti con il tris 88-60-88, figlia di un maestro elementare e di una casalinga [...]» (Giovanna Cavalli, ”Sette” n. 10/2005). «[...] Appena arrivata in Italia, ha avuto l’occasione di una scorciatoia: la parte di protagonista (Tra(sgre)dire) in un film di Tinto Brass. L’ha colta al volo, con astuzia e semplicità: determinata ad arrivare fino a quei certi limiti, ma non a superarli. Insomma, pronta a darsi, ma non a sprecarsi. A rischiare, ma non a rovinarsi. Poi, con un bel dribling, ha svoltato su ruoli più rassicuranti, nel telefilm La squadra [...] Sostenuta essenzialmente dalla volontà e da una bellezza fresca, polputa e invogliante, come cambia la vita di una giovane donna che si trova a passare da una umile e onesta casa di Nikolaev (Odessa) allo sfavillìo di Roma, dai fagioli al caviale, da abitudini povere e familiari alle orge del regista italiano più scabroso, da storielline d’amore casalingo alle insidie e agli assalti ambigui e sfrenati di corteggiatori pronti a prometterle fama e denaro pur di portarsela, senza troppi indugi, a letto? [...] ”Sono la quarta di quattro figli: Eugenia, Tatiana, Dimitri e io. Mio padre, Alexandr, avrebbe preferito un altro maschio. E forse questa è stata, per la formazione del mio carattere, la prima spinta psicologica a farmi largo [...] Una malattia di mio padre, che lo costrinse a trasferirsi per qualche tempo in Siberia. Io lo seguii. Una bella estate: ricordo il verde, funghi enormi, l’amicizia con i ragazzi. Una vita semplice e incantevole. [...] Come la vita di tanti, o di tutti, in quell’epoca in Ucraina. Non c’era la precisa consapevolezza della miseria. La casa era piccolissima e si mangiava appena quello che bastava. Quando nacqui io, il fatto di avere quattro figli permise ai miei genitori di chiedere e ottenere una casa un po’ più grande: ma non c’erano mobili. All’asilo e a scuola, scontavo il fatto di essere l’ultima: mettevo i vestiti delle mie sorelle e anche di mio fratello. Magliette, calzoncini, calze... tutto scucito e ricucito: ben custodito solo un vestitino per la festa, per anni e anni. Miseria? Mi capitava di sentirmi sempre peggio delle altre, questo sì. Ma senza mortificazione. [...] Per la festa dei miei cinque anni, ricordo, invitai tutti i bambini del vicinato. Una trentina. Ovviamente, sparirono tutti i viveri che mia mamma, Galina, aveva acquistato per una settimana. Mia mamma e mio padre non dissero nulla, non mi rimproverarono. Ma poi, per una settimana, facemmo tutti la fame [...] Mio padre era maestro di scuola e mia madre lavorava nelle ferrovie. Anche se stavamo malissimo, aiutavano chi stava peggio. [...] Ero piatta, senza seno, sempre vestita male. Ma ero campionessa di ginnastica artistica e molto ambiziosa. [...] pensavo di avere qualche capacità. Sognavo. Ma non c’erano opportunità. Ad essere sincera, anche come ginnasta non ero granchè. [...] Crescevamo con questa convinzione, che in occidente si facevano sfruttazioni, ci dicevano, ci insegnavano che nei paesi capitalisti c’erano pochissimi che stavano bene e gli altri tutti infelici. Mentre noi eravamo tutti uguali e felici. [...] Ricordo i pianti, il lutto nazionale quando morì Breznev. Non conoscevamo un modo migliore di vivere. Ci accontentavamo. [...] Sono diventata donna a 12 anni. E, a poco a poco, sono cambiata. Mi sono accorta di essere bella. [...] il primo bacio non fu certo quello che mi aspettavo: anzi, fu una delusione. Del resto ero, come dite voi, imbranata. Da noi, nel nostro paesino, di sesso non si parlava mai. Non perché fosse vietato. Ma non era abitudine, costume, non era educazione. A 15 anni ho avuto la prima vera esperienza. [...] Dopo la caduta del comunismo, le cose cambiarono, forse anche in modo esagerato. E a 18 anni ho avuto la prima vera storia d’amore. [...] Una mia cara amica, Clarissa, mi ha aiutato a procurarmi il visto. Era il ’96. [...] dopo poco che sono arrivata in Italia ho avuto la fortuna di conoscere questo ragazzo, di cui sono innamorata. Con lui è stato un colpo di fulmine. Con lui ho fatto l’amore subito, il primo giorno. [...] In Ucraina ballavo nei gruppi, in discoteca, e ho fatto tre cataloghi come fotomodella. In Italia, appena arrivata, il primo lavoro a Napoli è stato in una pizzeria. Per un anno. [...] Cinquantamila lire a sera, più le mance: io ne prendevo tante, ma dividevamo tra tutti i camerieri, anche con chi stava in cucina, con tutti. [...] Ho lavorato come fotomodella, barista, hostess alle fiere, interprete, cubista, poi col gruppo Hill Side, con Edoardo Bennato. E poi ho fatto il provino con Tinto Brass, a Roma. E gli sono piaciuta subito. [...] Per Sogno, un cortometraggio a episodi, girato con diversi registi. Era l’aprile del ’98. [...] Sapevo che è un maestro dell’erotismo. Non lo conoscevo come uomo e artista, ma il nome, la fama, la conoscevo bene. [...] Subito mi ha chiesto se avevo rifatto la bocca: ovviamente no, gli ho detto. Poi mi ha chiesto di fargli vedere le tette. [...] Gliele ho fatte vedere, senza problemi. normale. Anche per le tette mi ha chiesto se erano rifatte. [...] Sono rimasta in tanga. Mi ha fatto i complimenti perché, ha detto, ho un bel sedere. [...] Mi ha parlato del personaggio del copione. E mi ha assunta subito. Sono uscita ed ero felice. [...] Una ragazza che si addormenta su una spiaggia al mare, al mattino. Sogna: cammina, corre, incontra un bel ragazzo, si spogliano, si baciano, si toccano, cominciano ad eccitarsi... Poi la ragazza si sveglia, sente che vicino a lei c’è un cane, tanta gente intorno, si vergogna, scappa in mare. [...] Per il film ero disponibile a tutto. Fuori dal set, no: a niente. [...] per la scena del rapporto anale, non dormii tutta la notte della vigilia. Avevo i capelli dritti. Girare una scena così! Avevo una specie di blocco psicologico. Un’angoscia dentro, fino al ciak. Era una situazione troppo privata, anche se si trattava di una finzione. Poi mi sono calmata ed è andato tutto bene. [...] Sono fiera del mio corpo e delle mie misure: 88-62-88. E in particolare di avere un bel sedere, che - dicono - in una donna è ciò che piace di più agli italiani. Però, al momento di girare certe cose, l’imbarazzo è grandissimo”. [...]» (Cesare Lanza, ”Sette” n. 42/2000).