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 2005  marzo 14 Lunedì calendario

Lago Giorgio

• Nato a Vazzola (Treviso) il primo settembre 1937, morto il 13 marzo 2005. Giornalista. Editorialista del gruppo Espresso, che in precedenza era stato lungo (dal 1984 al 1996) direttore del ”Gazzettino”. «[...] è il padre del Nordest. lui, più di tutti, ad avere imposto l’uso di questo termine concetto per definire quel territorio che, prima, era chiamato Triveneto. Le tre Venezie. Il Nordest è un’altra cosa. Va ”oltre” Venezia. Oltre il Veneto. Nell’intenzione di Lago, evocava un contesto sociale segnato dallo spirito economico, più che dall’identità storica e culturale. Un’idea che contrastava con la tentazione etnoregionalista della prima Lega (la Liga veneta), che inseguiva il mito delle piccole patrie. Il Nordest non evocava una nazione ripiegata sul passato, ma il mondo assolutamente presente creato dai piccoli imprenditori, dagli artigiani, dai lavoratori autonomi. Quella realtà sociale ed economica esplosa già dieci anni prima, ma che in pochi vedevano. Perché non è facile accettare che i piccoli divengano grandi. Che i poareti si affermino sui mercati. Divengano un caso esemplare. Il Nordest di Giorgio Lago è il paese in cui si afferma il ”capitalismo dell’uomo qualunque”, come amava definirlo lui. Il ”sogno italiano”. L’aveva celebrato sul ”Gazzettino”, nel lungo periodo che vi passò da direttore. Il ”Gazzettino”: ”quotidiano del Nordest”. E al Nordest, Lago, rimase fedele anche più tardi, dopo il 1997, quando passò a scrivere per ”La Repubblica” e per i quotidiani del Gruppo Espresso [...]. Senza mai essere provinciale e localista. Perché, per lui (come per altri) il Nordest, più che una ”regione” è una ”ragione”. Un punto di vista, un modo di guardare il mondo, la politica, la società, lo sport. Puntando sulla persona, sul lavoro, sull’autonomia. Rifiutando di ridurre l’economia alla grande fabbrica e alla grande finanza. Diffidando della politica vissuta e narrata dentro ai palazzi. Era uomo di grande cultura [...]. Di letture raffinate. Un liberale, dai tempi in cui erano in pochi a dichiararsi tali. Non era di moda. Ma soprattutto era un uomo libero. E forte. Capace di trasformare un bollettino democristiano in una testata influente: libera e critica nei confronti della politica tradizionale. Capace di dialogare con la Lega (ne coglieva la spinta innovativa e anticentralista della prima fase). Senza diventare leghista. Facendo, semmai, diventare la Lega ”laghista”, come si ironizzava, un tempo. [...] Non c’era distanza fra la sua persona e i suoi articoli. Fra le sue parole e il suo sguardo. Fra ciò che pensava, diceva e scriveva. Quando lo incontravi era come te lo immaginavi, prima di averlo visto. Schiena dritta, testa alta. Linguaggio fluido e accattivante. Voce perfino stentorea. In pubblico, un trascinatore. [...]» (Ilvo Diamanti, ”la Repubblica’ 14/3/2005).