Varie, 12 marzo 2005
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Volpi Sergio
• Orzinuovi (Brescia) 4 febbraio 1974. Calciatore. Della Sampdoria • «[…] Il difetto di Volpi, secondo Novellino, è la timidezza. ”Parla poco, non sa farsi pubblicità. Per il resto, è il miglior regista italiano, alla pari con Corini e Pirlo. Lippi stravedeva per lui, lo voleva alla Juve, ma io me lo sono tenuto stretto. […]”. […] con Novellino. Cominciò a Venezia, poi Piacenza e Samp. Lo si può etichettare come uomo di Novellino? ”Come uomo d’ordine di Novellino, sì. Ma non sono state sempre rose e fiori […] Non giocavo mai. Il mister, forse a ragione, insisteva su due centrocampisti d’interdizione, Miceli e Iachini. A un certo punto ho chiesto di essere ceduto. A 24 anni non mi piaceva stare in panchina. Avevo qualche offerta, dal Brescia e dal Napoli. Durante un allenamento il mister mi ha preso da parte e mi ha detto: per ora tu sei il dodicesimo titolare, porta un po’ di pazienza, vedrai che appena entri non esci più. In effetti è andata così […] Regista anche con la maglia delle famose furie rosse […] dell’Aurora Travagliato. D’altra parte, il mio numero è il 4, che nel vecchio calcio marcava il 10 […] a me piacerebbe il 14, in omaggio a Jean Tigana che è stato uno dei miei idoli […] ero un ragazzino ma non ho scelto a caso. La fantasia o c’è o non c’è, non si acquista al mercato né con l’allenamento. Tra i giocatori che ho ammirato ci sono attaccanti come Graziani e Pulici, da allora sono tifoso del Toro, e fra gli altri (Giannini, Mancini, Di Bartolomei) ci sono anche dei 10, non ho nessuna intenzione di sminuire la tecnica e tantomeno la fantasia, sono cose importanti nel calcio, ma un regista deve avere più il senso del tempo che del numero […] Una certa intelligenza tattica, una decente visione di gioco, due piedi buoni, e io di buono ho il destro, e anche vocazione al sacrificio, perché il centrocampo è largo, specie quando il pallone ce l’hanno gli avversari. […] Certo è bello vedere Zidane che fa bene le cose difficili, ma nel mio ruolo è già molto fare bene le cose semplici. un ruolo da ragioniere […] Ho imparato molto da Domini, che era un 8, lui titolare del Brescia, io nelle giovanili. Mi fermavo a vedere i suoi allenamenti. In partita dava sempre tutto. Quando ho cominciato non c’erano preparatori atletici, si faceva molta tecnica, stop, cross, tiri. Poi s’è privilegiato il lato atletico del calcio, il risultato è che troviamo in serie A ragazzi con un fisico invidiabile, peccato che non sappiano fare uno stop. Ed è forse per questo che in mezzo al campo si trovano molti giocatori stranieri, che nei loro paesi non hanno trascurato la tecnica […] Sono di Cosserano, frazione di Trenzano, cinquemila abitanti, ci si conosce tutti. Nessun calciatore in famiglia, mio padre faceva il sarto. Non mi ha incoraggiato né ostacolato. Ho smesso di studiare al terzo anno delle Superiori e ho scelto il pallone. Non mi sono pentito […] non credo che ci paghino per divertirci, ma per cavare il massimo da ogni partita. E non è facile, perché con questo gioco stretto e corto si gioca su equilibri precari aspettando uno sbaglio degli avversari: un controllo difettoso, un buco che si apre. Pesa enormemente il contropiede, la ripartenza. Noi abbiamo battuto la Juve e perso col Livorno, parlo per esperienza. Anche squadre più grandi della Samp si sono scottate con le provinciali. Se in questo quadro generale qualcuno si diverte, meglio per lui, certamente ha un carattere diverso dal mio. Io continuo a ripetermi: attenzione, praticità, semplicità. La verità è che non ho fantasia né in campo né fuori. E sto bene ugualmente” […]» (Gianni Mura, ”la Repubblica” 12/3/2005).