Varie, 12 marzo 2005
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Salini Rocco
• Teramo 24 febbraio 1931. Politico. Senatore. Di Forza Italia. Nel 2005 minacciò di creare una lista autonoma alle regionali e ne otttenne in cambio il posto di sottosegretario alla Sanità del Berlusconi II. Durò appena due mesi, poi fu fatto fuori dal Berlusconi III • «[…] Medico, è stato direttore della Asl di Chieti, ma anche assessore regionale. Quando era presidente della giunta regionale abruzzese, nel 1992, venne arrestato assieme ad otto assessori con l’accusa di aver assegnato appalti illeciti per 265 miliardi. ”Andai in carcere qualche giorno poi sono stato assolto completamente. E per otto anni mi sono tenuto lontano dalla politica”. […] Di Pietro spiega che si tratta di ”una bugia”, visto che ”Salini è stato condannato con sentenza penale passata in giudicato per gravi reati contro la pubblica amministrazione, assolto proprio no”. […] che Salini sia un uomo dal carattere ”forte” lo dimostra anche un episodio accaduto nel luglio del ”93, durante un’udienza del processo a suo carico. Infastidito dalle foto che gli stava scattando un cronista del ”Tempo”, Giancarlo Giancarli, lo colpì al volto con la borsa ferendolo leggermente. Poi si scusò. Ma se è stato condannato, come può essere stato rieletto al Senato? ”La legge prevede l’ineleggibilità, a seguito di una condanna definitiva, solo nel caso di elezioni regionali - continua Di Pietro - . Il legislatore si è dimenticato di inserire tra questi anche i parlamentari nazionali. Le persone condannate non possono fare i consiglieri regionali, i sindaci, i vigili urbani o i bidelli, ma possono essere eletti in Parlamento. Un buco della legge si cui si è avvalso anche il centro-sinistra nel 2001, quando è stato eletto senatore Augusto Rollandin, esponente dell’Union Valdotaine» (Mario Reggio, ”la Repubblica” 12/3/2005). «[…] Lo arrestarono di notte: 28 settembre 1992. La notte di San Michele. L’ordine era del giudice Tragnone, il metodo quello degli anni d’oro di Tangentopoli: undici volanti della polizia, dieci assessori della giunta regionale abruzzese e in testa il presidente della regione, Rocco Salini. Destinazione la casa circondariale di San Domenico. Una retata così non s’era mai vista, la notizia balzò in testa a tutti i telegiornali con la notevole eccezione del Tg1, allora diretto da un altro abruzzese democristiano doc, Bruno Vespa. Nel frattempo il vecchio Gaspari allarmato tirava giù dal letto Oscar Luigi Scalfaro al Quirinale. Per Salini […] da Cellino Attanasio provincia di Teramo, ”solo un medico di campagna” secondo la più celebre autodefinizione, comincia un calvario giudiziario. Lo accusa un imprenditore di Ateleta: è stato escluso dai soldi dei Piani operativi plurifondo (Pop), ma sospetta che quei 435 miliardi non siano stati distribuiti troppo equamente dalla giunta regionale. Non c’è uno straccio di graduatoria e sono arrivati finanziamenti per costruire uno stabilimento balneare anche in un comune placidamente adagiato in collina. Passano sette anni. Arriva la condanna in primo e secondo grado dal tribunale dell’Aquila, poi la Cassazione annulla la sentenza. Nuovo giudizio e nuova condanna della corte di appello di Roma e alla fine, il 20 dicembre 1999, la condanna definitiva in Cassazione: un anno e quattro mesi di carcere per falso ideologico. Pena sospesa con la condizionale, ma c’è una legge del 1990 (n° 55) poi modificata nel `99 (n° 475) che stabilisce l’ineleggibilità degli amministratori locali condannati con sentenza definitiva a una pena superiore ai sei mesi. Sembra proprio che Salini debba dire addio alla politica. Sembra. Roccioso e all’occorrenza discreto, si era nel frattempo rifugiato alla Asl di Chieti: direttore sanitario. Ma uno come lui non si dimentica. Alle regionali del 2000 il centrodestra torna a stuzzicarlo, lui in realtà è ancora iscritto al partito popolare, in teoria sta dall’altra parte, ma si sa che è allergico al bipolarismo. Giovanni Pace, candidato del Polo, ha bisogno di un uomo forte come Salini, promette un posto nel listino e consiglia di interrogare il ministero dell’interno: forse c’è un sistema per aggirare quella maledetta legge che gli impedisce di candidarsi. ”Non c’è”, risponde dal Viminale il 15 febbraio del 2000 il direttore generale dell’amministrazione civile: ”Salini è del tutto ineleggibile”. Roccioso e ostinato, Salini si candida lo stesso ed è un trionfo: 13mila preferenze, il più votato in regione. Senza di lui Giovanni Pace non avrebbe mai vinto e dimostra di averlo capito bene: immediata arriva la nomina di Salini a vicepresidente della giunta e assessore alla sanità. Passata la festa cominciano i guai. Le opposizioni ricorrono contro i risultati delle elezioni: quel Salini lì non poteva nemmeno candidarsi, il suo nome nel listino ha viziato il voto in tutte le province, bisogna azzerare le regionali e votare di nuovo. Per Salini è l’inizio di un’altra estenuante battaglia nei tribunali, stavolta amministrativi. Anche stavolta la perderà. Ma passano gli anni. La sentenza del Consiglio di stato è arrivata a maggio del 2002: Salini è ineleggibile e decaduto, ma la giunta e il consiglio regionale sono salvi. Basta sostituire Salini con il primo dei non eletti. l’ennesimo caso di una sentenza che insegue la realtà: quello che il Consiglio di stato sanziona infatti è già avvenuto. avvenuto che il Salini in questione, roccioso e previdente, fiutando la clamorosa esclusione è già saltato via dalla barca che affonda. Nel frattempo ci sono state le elezioni politiche e il nostro ha conquistato un seggio al senato, seppellendo di voti la più nota sua sfidante nel collegio di Teramo, Anna Serafini moglie del segretario dei Ds Piero Fassino. La legge è legge: un amministratore condannato non può fare il consigliere regionale, ma al senato è ben accetto. Sta nella Casa delle libertà il ”medico di campagna” e comincia a raccontare in giro di come è diventato un buon amico del Cavaliere, e la storia dimostra che aveva ragione. Rocco Salini lascia l’Abruzzo e viene a Roma, dove si accomoda nella commissione igiene e sanità. Da lontano Remo Gaspari approva. Passano gli anni e di Salini non resta gran traccia. Nel suo collegio di Teramo amici ed elettori ricordano una promessa da campagna elettorale: ”Mi faranno sottosegretario alla sanità”, ma non ci credono ormai più. E invece il nostro lavora nell’ombra. Disponibile anche per incarichi delicati. La commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito, ad esempio. Le opposizioni sono riuscite ad imporre alla maggioranza di governo un’indagine parlamentare sulle morti dei soldati che sono venuti a contatto con quelle micidiali pallottole radioattive, ma l’entusiasmo del centrodestra è pari a zero. Specie al ministero della difesa, dove Antonio Martino ha deciso di fare meno clamore possibile sulla vicenda. Si verifica una fortunata coincidenza. Martino è di Forza Italia, il presidente del senato Marcello Pera che deve nominare i componenti della commissione è di Forza Italia e, uomo giusto al posto giusto, ecco arrivare un presidente della commissione di Forza Italia: Rocco Salini a disposizione. La commissione non si riunisce mai. Anzi, si riunisce solo una volta, per nominare Salini presidente e l’ufficio di presidenza. Poi la convocazione spetterebbe al presidente ma il presidente ha altro da fare. Raccontano che i suoi commissari devono cercarlo al telefonino: Salini, ti aspettiamo. ”Non posso”, risponde lui, sono in Abruzzo, sono pieno di impegni. E si dimette, o almeno questo comunica ai giornali perché ancora non è chiaro se il presidente del senato Pera abbia ricevuto la sua rinuncia ufficiale e possa nominare un altro commissario. Intanto si perde altro tempo e la commissione che dovrebbe indagare sull’uranio non indaga affatto. Ma che ha da fare Rocco Salini di così urgente? Perché adesso passa di nuovo più tempo in Abruzzo che a Roma? Ne ha pensata un’altra delle sue, nientemeno che un terzo polo, un partito di centro, uno sposalizio di liste civiche unite da una sigla che più viscida non si può: ”Moderati e riformisti dell’Abruzzo”. Per Giovanni Pace, che cinque anni dopo si ricandida alla presidenza della regione, sono dolori. Trovarsi Rocco contro non è un buon affare, lo sfidante di centrosinistra Ottaviano Del Turco già gongola. Quei 13mila voti del figlioccio di Gaspari nessuno li ha dimenticati. Deve intervenire Berlusconi in persona. E qui lasciamo la parola all’avvocato Carlo Masci, che le cronache politiche ricordano come candidato a sindaco di Pescara e leader della lista civica ”Pescara futura”. L’avvocato Masci è il vice di Salini nel progetto centrista, il numero due del Terzo Polo abruzzese. ”Siamo andati ad Arcore lunedì 28 febbraio, ci avevano detto di presentarci alle 15 e 30 e siamo arrivati puntuali. Io e Salini siamo andati insieme e insieme ce ne siamo tornati a casa”. Insieme ma con due progetti già diversi. ”Berlusconi è stato gentilissimo - ricorda Masci - un ospite impeccabile, ci ha offerto un caffè e ci ha ascoltati per un’ora e mezza. Certo, con Salini aveva maggiore sintonia”. Parlano fitto il ”medico di campagna” e il presidente del consiglio, alla fine si stringono la mano. Appena fuori da villa San Martino il destino del Terzo Polo è già segnato. Salini rinuncia. Ma non ha l’aria di chi si dispera. La sua lista appoggerà il candidato di centrodestra Pace. Sarà una specie di lista gemella di Forza Italia. L’avvocato Masci è preso in contropiede. Promette che lui alla lista centrista non rinuncia ”perché una lista autonoma in Abruzzo può essere un laboratorio per cambiare la politica a livello nazionale” ma ormai è troppo tardi. ”Non abbiamo fatto in tempo a raccogliere le firme”. Fine dell’avventura. Dispiace per Masci. Ma per gli altri questa storia finisce bene. Berlusconi ha spianato la strada al suo candidato in Abruzzo, Rocco Salini ha coronato il suo sogno e mantenuto la promessa con gli elettori. Roccioso, ma anche un po’ bugiardo aveva detto una volta che ”la politica deve stare lontana dalla sanità”. Parole che stanno bene in bocca a un medico di campagna, ma non a un ex dirigente di Asl, ex assessore alla sanità e […] sottosegretario alla medesima. […]» (Andrea Fabozzi, ”il manifesto” 12/3/2005).