varie, 12 marzo 2005
LOI
LOI Franco Genova 21 gennaio 1930. Poeta. «Il plurilinguismo vernacolare, che si nutre spesso per accumulo di grecismi e di imprestiti dal latino medievale, è la formula stilistica escogitata da Franco Loi per creare un personale pastiche linguistico, un proprio vocabolario in perenne mutazione. Nato nel 1930 a Genova da padre cagliaritano e madre di Colorno, il poeta si trasferì a Milano all’età di sette anni. Da ciò si può intuire come il dialetto meneghino – la parlata della giovinezza, vissuta in periferia al quartiere del Casoretto tra l’incubo e il sogno, guerra e periodo postbellico, e in seguito quella dell’adulto Loi, che decide di dare voce agli emarginati – costituisca semplicemente uno strumento fantastico da deformare a piacimento, inserendo ora versi dal genovese, la lingua mitica della prima infanzia, ora dal colornese, la voce materna dei sentimenti e delle pulsioni più forti. Loi è riuscito così a utilizzare un dialetto moribondo per innervarlo di nuova linfa espressiva, contaminandolo attraverso la libertà creativa che si è concesso, talvolta creando neologismi e riuscendo comunque a fondare un sistema linguistico soggettivo, fedele al proprio io. A volte i grandi poeti, scriveva Giovanni Pascoli, sono costretti a far uso di una lingua morta, quella del cuore e dei sentimenti e non quella del quotidiano, operando in questa direzione una sottrazione all’usura e all’assoluta mancanza di originalità della semplice comunicazione. […] a torto il poeta venne agli esordi annoverato fra gli autori realisti, poiché dal poema L’angel del ”94 alle sillogi Isman del 2002 e Aquabella del 2004 Loi ha ormai scelto di riconoscersi in una visione fortemente religiosa, evangelica, francescana attraverso una forma arcaica di trascendimento e di preghiera poetica. […]» (Franco Manzoni, ”Corriere della Sera” 12/3/2005).