Varie, 11 marzo 2005
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TUNG CHEE-HWA Shanghai (Cina) 29 maggio 1937. Politico. Dal 1997 al 2005 governatore di Hong Kong • «[…] Il 1° luglio 2003, in un sussulto di orgoglio civile senza precedenti […] mezzo milione di cittadini di Hong Kong scesero in piazza per protestare contro il governatore Tung Chee-hwa
TUNG CHEE-HWA Shanghai (Cina) 29 maggio 1937. Politico. Dal 1997 al 2005 governatore di Hong Kong • «[…] Il 1° luglio 2003, in un sussulto di orgoglio civile senza precedenti […] mezzo milione di cittadini di Hong Kong scesero in piazza per protestare contro il governatore Tung Chee-hwa. La colpa di cui si era macchiato era un progetto di legge liberticida: in nome della sicurezza avrebbe imbavagliato il dissenso e la contestazione, diritti individuali o ”privilegi” che distinguono l’ex colonia britannica dal resto della Cina […] eppure la sua uscita di scena non è stata vissuta come un trionfo dall’opinione pubblica dell’isola. Anzi […] Perché Tung non è stato liquidato dalla sfiducia della sua società civile. stato licenziato dal governo di Pechino, come un maggiordomo ormai inutile. […] La realtà a Hong Kong la si sapeva da tre mesi, e cioè che Tung era ormai un governatore dimezzato, abbandonato e umiliato dai suoi potenti protettori di Pechino. La sua ora non era scoccata il primo luglio 2003. La vera condanna per Tung era giunta nel dicembre 2004 dal presidente cinese Hu Jintao. L’occasione era stata una celebrazione del ritorno alla Cina di Macao, l’altro ex possedimento coloniale (portoghese) restituito alla madrepatria. Hu aveva invitato alla festa anche Tung e davanti alle telecamere gli aveva impartito una pubblica ramanzina, inusuale rispetto al segreto che circonda di solito i regolamenti di conti nella politica cinese. Il presidente venuto a ispezionare la periferia aveva invitato il governatore a ”fare dei bilanci, individuare le carenze, migliorare la qualità del suo governo”. Da quel momento Tung era un fantasma. I dirigenti del partito comunista hanno trattato il problema del governo di Hong Kong come una loro questione interna, che non riguarda i cittadini dell’isola. Hanno atteso la sessione annua del Congresso […] per assegnare a Tung una inutile carica di consulente che era il preavviso della cacciata. Hanno lasciato a bagnomaria l´opinione pubblica di Hong Kong per dieci giorni. Hanno autorizzato il governatore ad annunciare le proprie dimissioni solo poche ore prima di salire sul volo per Pechino, per andare a raccogliere il suo nuovo incarico. Il gusto dell’umiliazione va centellinato, e per Hu il vero bersaglio non è certo Tung, ma quel mezzo milione di isolani che scendendo un piazza nel 2003 avevano osato sfidare il governo della Cina. Gli stessi cittadini ribelli che, denunciando gli effetti disastrosi della Sars, avevano messo a nudo l’assurdo silenzio iniziale di Pechino, le notizie sul virus censurate per mesi, i morti che si sarebbero potuti salvare con la trasparenza e una prevenzione più rapida. Tung è caduto non perché incapace di rappresentare i bisogni e difendere gli interessi dei suoi concittadini, ma per non averli ”disciplinati” con polso più fermo. […] è un uomo che poteva segnare la storia della Cina, se solo ci avesse provato. Sei anni prima del corteo oceanico del 2003, il 1° luglio 1997 Tung era sull’attenti davanti all’ammainabandiera dell’Union Jack, mentre risuonavano le note dei due inni inglese e cinese e il principe Carlo d’Inghilterra restituiva all’allora presidente Jiang Zemin un lembo di roccia carico di ricordi imperiali. Le clausole di quel passaggio erano state negoziate per anni, da Deng Xiaoping e Margaret Thatcher. Il chief executive Tung era il notaio a cui veniva affidata l’esecuzione di quel contratto. Deng aveva riassunto gli accordi con la formula ”una nazione, due sistemi”: alla nomenklatura comunista premeva così tanto riavere quel territorio-simbolo dell’oppressione coloniale, che Pechino era disposta a rispettare l’eccezione-Hong Kong, le sue libertà, il suo Stato di diritto. Tung poteva appigliarsi a quell’impegno solenne, interpretare la sua parte con dignità, far crescere il laboratorio democratico dell’isola. Forse avrebbe reso un servizio perfino alla Cina. Una Hong Kong governata rispettando gelosamente le prerogative dei suoi cittadini, poteva servire da modello a una futura riunificazione pacifica con Taiwan, quella che Pechino è costretta a minacciare con le armi. Ma Tung appartiene alla vecchia Hong Kong, alla razza dei mercanti pronti a mettere in vendita tutto, i businessman passati dal servizio di Sua Maestà all’obbedienza verso la nomenklatura rossa. […] Il servilismo di Tung ha servito male gli interessi di Pechino, lascia in eredità una città irrequieta e imprevedibile, difficile da domare anche perché troppo esposta all’attenzione dell’Occidente e ai mercati globali. […]» (Federico Rampini, ”la Repubblica” 11/3/2005).