Andrea Tornielli, "il Giornale" 2/3/2005, pagina 13., 2 marzo 2005
Tra i medici che hanno sorvegliato la salute dei Pontefici, il valentissimo chirurgo Giovanni Vigo, che per curare l’artrite e «le varie sorte de hemoroide» di Papa Giulio II (1503-1513), mescolava «olio de rose, vin di melograno, late de dona, vermi de la terra»
Tra i medici che hanno sorvegliato la salute dei Pontefici, il valentissimo chirurgo Giovanni Vigo, che per curare l’artrite e «le varie sorte de hemoroide» di Papa Giulio II (1503-1513), mescolava «olio de rose, vin di melograno, late de dona, vermi de la terra». Pare che l’esito fosse disastroso. Quanto a Giulio II (1550-155), ottima forchetta, grande amante dei sapori forti e goloso d’aglio solito comportasi «come si fusse giovane de XV anni et havesse lo stomacho de struzzo» fu costretto a subire diete dissennate. In particolare, il dottor Amato Lusitano lo costringeva a sorbire pappatte e decotti di radici cinesi che portarono il paziente alla morte dopo un mese di malattia. Per i raffreddori, le amnesie e i colpi aoplettici di Clemente VIII (1592-1605), i medici Andrea Cesalpino e Marsilio Cagnati usarono «brodi di perle» e calde viscere di un agnello castrato da attorcigliare intorno al capo. Mezzo secola fa, invece, Pio XII, colpito da gravi crisi di singhiozzo, s’affidava a un Paul Niehans, professore svizzero, che gli propinava «cellule embrionali di pecora» perché, secondo lui, queste attecchivano facendo ringiovanire la persona malata. Naturalmente peggiorò.