?, 2 marzo 2005
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JULIA Didier. Nato a Parigi (Francia) il 18 febbraio 1934. Politico. «Deputato gollista, vicino a Chirac, amico dei siriani e soprattutto dell’Iraq, almeno fino al giorno della caduta di Saddam
JULIA Didier. Nato a Parigi (Francia) il 18 febbraio 1934. Politico. «Deputato gollista, vicino a Chirac, amico dei siriani e soprattutto dell’Iraq, almeno fino al giorno della caduta di Saddam. E’ infatti Didier Julia a recarsi a Bagdad alla vigilia della guerra, con altri due deputati gollisti, per incontrare il vice premier Tarek Aziz, con il quale ha rapporti da anni. Una missione che crea non poco imbarazzo all’Eliseo e al governo francese, in quel momento riferimento dell’opinione pubblica mondiale contro l’intervento americano. Julia torna alla ribalta durante il sequestro dei due giornalisti Chesnot e Malbrunot, per un maldestro tentativo di mediazione che avrebbe ritardato di qualche settimana la liberazione dei due reporter. Julia, in un grande agitarsi di dichiarazioni pubbliche, messaggi in codice e presunti agenti segreti, si mosse come in un improbabile set cinematografico. Per la sua missione, si fece addirittura prestare l’aereo privato del presidente della Costa d’Avorio, Laurent Bgagbo, il quale avrebbe ritenuto di fare un favore alla Francia. Tutto fasullo, naturalmente, eppure tutto verosimile, almeno secondo Julia, il quale lasciò correre le indiscrezioni su una presunta copertura delle sue iniziative da parte del governo francese. Accreditandosi come buon patriota al servizio della Francia, Julia lasciò intendere che il fallimento della sua trattativa fosse stato provocato da interferenze americane e del governo provvisorio iracheno. Sia l’Eliseo sia il governo francese presero sdegnosamente le distanze, anche se non è mai stato chiarito se il deputato avesse informato il governo o meno. Il deputato gollista denunciò la scomparsa di documenti dai suoi uffici. In seguito è stato messo sotto inchiesta e privato del passaporto. L’accusa è piuttosto pesante: aver intrattenuto rapporti d’intelligence con una potenza straniera, attentato agli interessi della nazione, della sua diplomazia e della sua popolazione. Le Monde ricostruì i contatti fra il presidente ivoriano, il deputato gollista e un mercante d’armi. Sull’aereo per Damasco, c’erano un ex direttore dell’Unesco, un professore della Sorbona e il personaggio più misterioso di tutti, Philippe Brett, ex autista del numero due del Fronte Nazionale, probabilmente in contatto con i servizi segreti francesi. Fu Brett a dire di essere entrato in contatto con i rapitori e di aver addirittura visto i giornalisti. Tuttavia, secondo Le Monde , il suo cellulare venne localizzato non a Bagdad, ma a Damasco. Insomma un vespaio di sospetti e doppi giochi. [...]» (M. Na., ”Corriere della Sera” 2/3/2005). «[...] La biografia è sontuosa.[...] Filosofo, archeologo, arabista: non è certo avaro quando declina le sue qualità. In una cosa non mente. Nell’Iraq di Saddam Hussein era di casa. Il dittatore aveva l’accorta abitudine di accudire nei paesi occidentali lobby pronte a giurare sulle sue qualità di leader e di interlocutore affidabile: politica affari; delegazioni culturali e spioni tutto sotto la tranquillizzante etichetta della amicizia tra i popoli. In Francia si affidava appunto a questo affannato settantenne dalla faccia da innocuo don Chisciotte, che parla un arabo fluente e presiede innumerevoli associazioni franco arabe. Amico personale si dice di Tarek Aziz quando il ministro degli esteri offriva i suoi baffoni come volto moderato del regime. Lui sostiene anche di essere molto vicino a Chirac; ma qui già comincia la zona grigia dove le verità di Julia cominciano a sfumare nei si dice. La solidarietà verso Baghdad non la manifestava solo a parole: la sua specialità era guidare spettacolari raid contro ”l’immorale embargo imposto all’Iraq”. Missioni spettacolari con ”737” imbottiti di deputati di tutti i partiti che atterravano piratescamente in terra proibita. E che il Quai d’Orsay, placidamente, bacchettava come inopportune. Ma anche Damasco e Beirut erano luoghi dove i servizi segreti spesso, troppo spesso, lo incontravano. Ma sono soltanto assaggi. Sul palcoscenico come protagonista Julia irrompe nei giorni più bui del sequestro dei due giornalisti Christian Chesnot e Georges Malbrunot. Parigi è in gravi difficoltà, il clima è da Waterloo; Chirac è costretto a leggere sul ”New York Times” sarcastici titoli: ”ma se Chirac non è in grado di liberare gli ostaggi chi potrà mai farlo?”. I servizi segreti hanno l’ordine di trovare, a ogni costo, una pista un contatto un interlocutore. a questo punto che anche ”l’iracheno” Julia diventa, probabilmente credibile, utile. Lui entra in scena a suo modo, la sua diplomazia parallela non prevedeva silenzi o mezze misure. ”Grazie ai miei legami con il Baath il partito di Saddam sono in contatto con un rapitori, li farò tornare a casa”. La sua carta neppur tanto segreta è uno sceicco, capo di un fantomatico ”alto comitato delle forze nazionali irachene”. Julia si muove con collaboratori quanto meno discutibili: come Philippe Brett ex commando della marina e ex guardia del corpo di Bruno Gollnisch numero due del Front National di Le Pen. E viaggia nelle sue missioni umanitarie su un aereo generosamente offerto dal presidente ivoriano Gbagbo, che in crisi con la Francia cerca meriti da barattare con Chirac. Tutto si svolge come in un copione cinematografico: misteriosi emissari di nome Khaled, incontri in giardini fuori mano, richieste di un corridoio aereo per riportare gli ostaggi a Damasco. Ma Parigi è cosi convinta che il tentativo sia serio che spedisce un generale dei Servizi in Siria con l’ordine di non lasciare la scena tutta al deputato. Alla fine, clamoroso, il tonfo: stavano per essere liberati - annuncia Julia - tutto era pronto colpa degli americani che hanno fatto fallire l’accordo con una operazione militare”. Da quel momento il simpatico don Chisciotte diventa per il governo francese, che gli ha dato retta, un pericoloso doppiogiochista ch ha rischiato di far uccidere i due ostaggi. Nel viaggio in aereo con i due giornalisti, infine liberati, il ministro degli esteri Barnier organizza la versione ufficiale del giallo che è una sequenza di omissis. E Malbrunot, appena messo piede a terra, attacca Julia dicendosi scandalizzato per il comportamento di ”certe persone”. Poi il deputato viene messo sotto inchiesta per ”tradimento e intelligenza con una potenza straniera”. Ma quale? La Costa d’Avorio, la Siria, l’Iraq? Lui replica sostenendo che la sua imbarazzante corrispondenza con Chirac è stata rubata dai servizi segreti [...]» (’La Stampa” 2/3/2005).