Varie, 2 marzo 2005
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Imbeni Renzo
• Modena 12 ottobre 1944, Bologna 22 febbraio 2005. Politico • «Modenese di nascita ma bolognese d’adozione; e dai bolognesi amato come sindaco per un lungo decennio, dal 1983 al 1993 [...] A Bologna era arrivato per studiare e laurearsi in economia e commercio. A Bologna costruì la sua famiglia privata e da Bologna edificò la sua carriera politica. Segretario nazionale della Fgci dal `72 al `75; segretario del Pci di Bologna dal `76 all’83; poi- per un decennio - ultimo sindaco prima della stagione dell’elezione diretta. Convinto sostenitore della svolta della Bolognina, è sempre stato al vertice del Pds e poi dei Ds. Dal 1989 è eletto anche al Parlamento europeo, diventandone poi vicepresidente dal `94 al 2004. [...] Imbeni è stato il segretario del Pci che ha vissuto il `77 felsineo e la strage di Bologna; e poi il sindaco che si è misurato con le nuove emergenze degli anni ’80 [...]» (“il manifesto” 23/2/2005) • «Era segretario della “federazione comunista più grande dell’occidente” nel 1977, quando Bologna divenne capitale della seconda rivolta studentesca, e nel 1980 quando la stazione saltò per aria facendo 85 morti e 200 feriti. Era sindaco quando la banda della Uno Bianca mieteva vittime tra benzinai e carabinieri e nel 1990 quando un aereo entro in una scuola a Casalecchio facendo strage di studenti e alla Bolognina finiva l’epoca del Pci. Era vicepresidente del parlamento Europeo nel 1999 quando Romano Prodi fu eletto presidente della Commissione Ue. […] un pezzo della storia di Bologna e dell’Italia. […] il sindaco famoso per i suoi modi gentili e per i baffi sorridenti […] era molto amato e popolare, non solo a Bologna, ma in tutta l’Emilia-Romagna. Modenese, era stato segretario nazionale della Fgci prima di D’Alema, dal 1972 al ’75. Nel ’76 era stato eletto segretario del Pci bolognese che allora contava più di centomila iscritti e nel 1983 era diventato sindaco al posto di Renato Zangheri. Fu accolto dalle polemiche, lui modenese, funzionario di partito, definito persino “un bulgaro”. Ma conquistò rapidamente il cuore della città e divenne uno dei sindaci più amati. Andava in autobus, Imbeni, e in bicicletta. Giocava a pallone e salutava tutti per strada. Anche gli avversari ne ammiravano l’onestà e le straordinarie doti umane. Nel Parlamento Europeo la sua ultima avventura politica, da vicepresidente dell’assemblea a Strasburgo fino al 2004 quando non fu ricandidato. Scrisse una amara lettera a Fassino. Ma, come sempre, si mise a disposizione del partito» (Luciano Nigro, “la Repubblica” 23/2/2005) • «[…] Oggi si potrebbe dire, pensando alla canzone di Ligabue, che non era uomo gol perché giocava da mediano. Quando arrivò sotto le Due Torri, il modenese importato per guidare la federazione comunista più grande d’Europa, i riflettori non puntavano su lui. Allo scoppio della ribellione studentesca nel marzo 1977, con Bologna messa sottosopra dagli extraparlamentari rossi, fu Zangheri l’uomo simbolo. Anche nel 1980, strage alla stazione, l’immagine passata alla storia con il maxi funerale di popolo in piazza Maggiore fissò due protagonisti: Sandro Pertini e Renato Zangheri. Però Renzo Imbeni, pur distante dalle telecamere, faceva quadrato, organizzava, resisteva. Divenne sindaco senza proclami. Si dedicò alla gestione, puntando sul rapporto umano. […] Nei dieci anni con Imbeni sindaco, Bologna non era più quella frustata dal ribellismo giovanile e dalla violenza politica. Le statistiche la mettevano al primo posto nella classifica della ricchezza ma intanto la città invecchiava. Il cardinale Giacomo Biffi arrivò a coniare la famosa definizione di “sazia e disperata”. Il sindaco rinunciò alla polemica, continuando a mettere attenzione alla trasparenza della gestione. Per i mondiali del ’90, invece di un nuovo stadio, venne fatta la scelta di rimodernare il glorioso comunale, proprio per non dare spazio a eventuali appetiti speculativi. Comunque furono dieci anni senza grandi progetti e grandi opere[…] Con l’impegno all’Europarlamento Imbeni trovò una nuova dimensione politica. L’uomo che ai tempi della prima guerra del Golfo si era fatto disegnare in faccia da una giovane dimostrante il simbolo della pace, ha ottenuto larghi consensi per la fede europeista. Anche fra gli esponenti degli altri partiti. […]» (Vittorio Monti, “Corriere della Sera” 23/2/2005).