varie, 2 marzo 2005
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Aoun Michel
• Harat Hurayk (Libano) 17 febbraio 1935. Politico. Generale dell’esercito libanese, cristiano maronita, ex premier, è stato uno dei protagonisti della guerra civile e della resistenza ai siriani. Dal ”91 in esilio in Francia, tornò in Libano nel 2005 • «Forte di pochi uomini e di un fazzoletto di terra a Beirut Est, il 14 marzo 1989 il legittimo premier libanese Michel Aoun dichiarò guerra alla Siria. ”Se perdiamo, almeno avremo dato ai nostri figli il diritto di reclamare indietro il loro Paese”. Aoun perse, fu salvato dall’ambasciata di Francia e dall’amico Mitterrand. [...] Nella guerra contro la Siria [...] era sostenuto da Saddam. ”L’Iraq mi fornì munizioni ma non influì in alcun modo sulla mia politica. Era una guerra di liberazione, avevamo bisogno di armi”. [...]» (Stefano Montefiori, ”Corriere della Sera” 2/3/2005). «[...] l’uomo che nel settembre del 1988 proclamò ”lo Stato sono io” lanciando la ”campagna libanese” costata mille morti e la distruzione di Beirut. [...] leader ”messianico”, ribattezzato dagli avversari ”Napolaoun” per le pretese napoleoniche. [...]» (Alix Van Buren, ”la Repubblica” 8/5/2005). «[...] cristiano maronita, ex primo ministro nel 1990, è considerato il Charles de Gaulle del Libano. Dopo aver trascorso 15 anni di esilio in Francia, in seguito alla guerra persa contro le potenze occupanti Siria e Israele [...] è rientrato trionfalmente a Beirut (250 mila libanesi si sono radunati in piazza dei Martiri per festeggiarne il ritorno) sulla scia della ”rivoluzione dei cedri” [...] è il capo dell’opposizione al governo di coalizione dell’economista sunnita Fuad Siniora - il primo non manovrato dai siriani - comprendente il movimento Corrente futura di Saad Hariri (il figlio del magnate sunnita trucidato, che per motivi di sicurezza vive fra la Francia e l’Arabia Saudita), il Raggruppamento democratico del druso Walid Jumblatt e il partito falangista del cristiano maronita Amin Gemayel. Il progetto di Aoun, che ha una visione laica e unitaria dello Stato, vuol porre fine agli steccati confessionali che fra il ”75 e il ”90 causarono una guerra civile con 120 mila morti [...] è il candidato più autorevole per la successione alla presidenza del cristiano Emile Lahoud, uomo fedele a Damasco (Hariri entrò in contrasto con Assad proprio per la proroga della sua carica), coinvolto come possibile complice dei siriani nell’inchiesta Onu, e quindi esposto ai rischi di impeachment prima della scadenza naturale del mandato [...] ha fissato il suo quartier generale a Rabieh, sulle pendici nord di Beirut [...] ”[...] Dall’esilio, per circa 14 anni, sono stato il solo a oppormi alla presenza siriana in Libano mentre Hariri, nell’epoca d’oro della sua ascesa politica, aveva buone relazioni con Damasco. Al punto che, ancora nel 2003, un anno prima della proroga del mandato presidenziale di Lahoud che lui tentò di avversare per interesse personale più che per dissenso politico, il ministro degli Esteri siriano Faruk Sharah prevedeva che sarebbe rimasto al governo fino al 2011. Disapprovavo, poi, la sua politica finanziaria, tutta basata sulla dollarizzazione e sugli altissimi tassi di interesse. Una linea che con l’emissione di troppi titoli di Stato aveva dilatato il debito pubblico, prodotto una corruzione generalizzata in tutti i settori, creato una classe privilegiata di rentiers [...] Io mi batto per una società laica, pur nel rispetto delle comunità religiose. L’attuale sistema privilegia invece le spartizioni confessionali. In sostanza io guardo più avanti: a un progetto nazionale che separi la religione dalla politica, che salvaguardi gli interessi di ogni cittadino a prescindere dalla sua fede [...]”» (Gianni Perrelli, ”L’espresso” 8/12/2005).