1 marzo 2005
Tags : Gianni. Invernizzi
Invernizzi Gianni
• Nato ad Albairate (Milano) il 26 agosto 1931, morto a Milano il 28 febbraio 2005. Calciatore. Allenatore. Da mediano esordisce in serie A contro il Torino il 30 aprile ’50 e all’Inter torna nell’estate ’54, dopo aver giocato in prestito nel Genoa, nella Triestina e nell’Udinese. Molti lo ricordano come allenatore dell’Inter, che conquista lo scudetto ’71 (l’undicesimo), con il secondo sorpasso nei confronti del Milan, dopo quello del ’ 65. «Aveva le pupille azzurre come ”nontiscordardime”. Occhi che hanno visto il grande Meazza da ragazzo e l’Ajax di Cruijff. Occhi di cacciatore che hanno inseguito il Milan di Rivera e Prati come una preda. [...] Veniva dalla famiglia Invernizzi, quella dei formaggi. Papà acquistava il latte. Abitava ad Abbiategrasso, la zona del gorgonzola. Era biondo. Arrivò all’Inter a 14 anni, nel giugno 1945. Lo aveva scoperto Carlo Carcano, l’uomo dei cinque scudetti della Juventus. Cominciò da centravanti, poi divenne mezzala, infine retrocesse a mediano. Giocò nell’Inter di Lorenzi, Nyers, Skoglund, Angelillo. Ma l’unico scudetto lo ha vinto da allenatore. Era la stagione 1970 71. Guidava l’Inter Heriberto Herrera, l’asceta paraguaiano del ”movimiento” . Il primo derby gli fu fatale. L’8 novembre 1970, quinta giornata, l’Inter fu inchiodata dal Milan con un 3-0 crudele. Il presidente Fraizzoli esonerò Heriberto. Mise su quella panca rovente Invernizzi, che allenava la Primavera. Sembrava un atto temerario. C’erano ancora gli assi della Grande Inter: Facchetti, Burgnich, Mazzola, Corso, Suarez... Come mettere un uomo tranquillo nella gabbia dei leoni. Ma Invernizzi conosceva l’ambiente. Aveva buonsenso e garbo. Riportò nella rosa Bedin e Jair, che Heriberto aveva bandito. Mise Burgnich libero al posto di Cella. Collocò Bedin e Bertini sulla destra. Allestì un’Inter nuova, dinamica, combattiva. L’Inter batté il Torino, poi fu sconfitta a Napoli. A quel punto decollò: cinque vittorie di fila. Non fu più battuta per 23 partite. La rincorsa al Milan si trasformò in caccia. Lunga, bella appassionante. L’inseguimento fu coronato il 21 marzo, quando l’Inter sconfisse il Napoli di Zoff e Altafini. Il sorpasso fu compiuto sette giorni dopo, quando il Varese di Liedholm piegò il Milan. Una cavalcata seducente. ”La sera stessa della sconfitta di Napoli, sull’aereo che ci riportava a Milano, Mazzola e io facemmo la tabella scudetto. Ricordo il sorriso scettico di molti che ironizzarono”, racconta [...] Facchetti. ”Invernizzi riuscì a gestire bene uno spogliatoio di forti personalità. Si mostrò un grande allenatore. E l’anno dopo ci portò in finale di Coppa dei Campioni: perdemmo contro l’Ajax nel momento di maggior splendore”. L’Inter liquidò Aek Atene, il Borussia Monchengladbach della lattina, lo Standard Liegi, il Celtic Glasgow. Finché, il 31 maggio 1972, non fu battuta per 2 0 a Rotterdam dall’Ajax di Kovacs con doppietta di Cruijff. ”Gianni era un grande allenatore italiano. Rimise insieme i cocci che un tecnico straniero aveva fatto. Entrò in punta di piedi nello spogliatoio con la sua saggezza, la forza dei suoi ragionamenti concreti. Invertì la rotta. Compì un capolavoro” , ricorda Boninsegna, capocannoniere con 24 reti di quello scudetto. Invernizzi presto rientrò nei ranghi. Sempre fedele ai colori nerazzurri. Aveva vestito la maglia nerazzurra negli anni Cinquanta: 3 presenze nella stagione 1951/52, 8 nel ’54/55, 18 nel 55/56, 21 nel ’56/57, 28 nel ’57/58, 26 nel ’58/59, 26 nel ’59/60. Helenio Herrera non lo volle più. Giocò anche con Genoa, Triestina, Udinese, Torino, Venezia. Allenò anche il Taranto. Era un mediano interditore. Gli toccava marcare Schiaffino, Rivera, Julinho. Non era illuminato dalla gloria. Ma la sua avventura sportiva è stata bella. [...]» (Claudio Gregori, ”La Gazzetta dello Sport” 1/3/2005).