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 2005  febbraio 17 Giovedì calendario

Già al tempo degli antichi romani, gran parte delle colture ritenute oggi fondamentali erano diffuse in qualche parte del mondo

Già al tempo degli antichi romani, gran parte delle colture ritenute oggi fondamentali erano diffuse in qualche parte del mondo. I popoli di cacciatori-raccoglitori che iniziarono la domesticazione avevano una profonda conoscenza del loro ambiente (come vedremo anche per gli animali nel cap. IX) e riuscirono a sfruttare quasi tutte le specie utili. Certo non tutte: i primi a coltivare le fragole furono i monaci medievali, e in tempi recenti – oltre a migliorare le piante di antica domesticazione – si sono aggiunte alla lista altre specie come i mirtilli, le more, il kiwi, le noci di macadamia, le noci pecan e gli anacardi. Ma sono piccola cosa, se paragonate al grano, al mais e al riso. Comunque, nell’elenco delle nostre vittorie mancano ancora molte piante che potrebbero avere un valore alimentare. Un fallimento storico è rappresentato dalla quercia, le cui ghiande sono sempre state mangiate dagli indiani d’America, e hanno rappresentato la salvezza per molti contadini europei in tempo di carestia. Le ghiande sono nutrienti, ricche di amido e di oli; come molte altre bacche hanno una componente tannica amara; ma abbiamo imparato ad aggirare l’ostacolo macinandole e mischiandole all’acqua, oppure a raccogliere solo quelle che una mutazione simile a quella vista per le mandorle rende più dolci. Perché non siamo riusciti a coltivare le querce? E perché ci abbiamo messo così tanto a capire come far crescere le fragole? Che cos’hanno queste piante così speciale che le rende difficili da domare, anche da parte di agricoltori esperti, capaci di inventare una tecnica come l’innesto? Le querce hanno tre cose che non vanno. In primo luogo, crescono così lentamente da far perdere la pazienza a qualsiasi contadino. Mentre il grano produce il primo raccolto pochi mesi dopo la semina, e un albero di mandorle è produttivo dopo tre anni, per cavare qualcosa da una quercia bisogna aspettare anche dieci anni. In secondo luogo, le querce sono perfettamente adattate per incontrare i gusti degli scoiattoli, che tutti abbiamo visto raccogliere le ghiande, sotterrarle e poi disseppellirle per mangiarsele; ogni tanto se ne dimenticano qualcuna sottoterra, e una nuova quercia può iniziare a germinare. Di fronte a milioni di scoiattoli che sotterrano miliardi di ghiande ogni anno, gli uomini avevano ben poche possibilità di riuscire a selezionare un tipo di quercia fatto secondo i loro gusti. Problemi analoghi spiegano perché il faggio e il noce americano, i cui frutti sono stati sempre mangiati in passato, hanno avuto destino simile. Infine, la causa forse più importante che impedisce la domesticazione della quercia è data dal fatto che il carattere "ghianda amara" non è controllato da un solo gene, come nelle mandorle, ma da un complesso di geni diversi. Un contadino dell’antichità che avesse trovato con ogni probabilità a crescere una pianta non mutante (mentre nel caso delle mandorle le leggi della genetica ci dicono che la probabilità che un esemplare dolce dia origine a un altro esemplare dolce è del 50 per cento). Basta questo per smorzare l’entusiasmo anche del contadino più paziente e più determinato nel combattere gli scoiattoli. Per quanto riguarda le fragole, sorgono problemi analoghi di competizione con i tordi e altri uccelli amanti dei frutti di bosco. vero che i romani tenevano piante di fragole nei loro giardini, ma con milioni di tordi che spargevano i semi delle fragoline selvatiche dappertutto (anche nei giardini romani) la selezione naturale non poteva agire a favore dell’aumento di dimensioni. Solo con l’introduzione delle reti protettive e delle serre si è riusciti a sconfiggere i tordi, e a ridisegnare le fragole secondo il nostro volere.