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 2005  febbraio 17 Giovedì calendario

Cominciamo a guardare ai fatti dal punto di vista delle piante. Per loro, noi non siamo che una delle tante specie animali che cercano inconsciamente di "domesticarle"

Cominciamo a guardare ai fatti dal punto di vista delle piante. Per loro, noi non siamo che una delle tante specie animali che cercano inconsciamente di "domesticarle". Come tutti gli esseri viventi (uomo compreso) i vegetali devono propagare la loro discendenza in luoghi dove questa possa prosperare e far sopravvivere i geni dei genitori. I piccoli degli animali quando è il momento giusto possono abbandonare la tana o volare via dal nido; le piante invece sono costrette a chiedere un passaggio. Alcune specie hanno semi adatti ad essere trasportati dal vento o dall’acqua, mentre molte altre devono convincere con l’astuzia un animale a fare da vettore. il caso di quelle piante il cui seme è avvolto in un bel frutto succoso, che segnala la sua presenza grazie al colore o al profumo; l’animale di turno se lo mangia e se ne va, e i semi vengono sputati o evacuati - in qualche punto distante dalla pianta madre. Alcuni semi fanno migliaia di chilometri in questo modo. Può sembrarvi strano che i semi riescono a resistere al processo di digestione e a germinare anche dalle feci, ma è proprio così, come può sperimentare da sé qualche lettore non troppo schizzinoso. Alcuni semi devono passare per questo canale per poter germogliare; è il caso di un tipo di melone africano che si è specializzato a farsi trasportare dell’oritteropo, con il risultato che i suoi frutti si trovano in gran parte nelle zone usate come latrine da questo animale. Prendiamo le fragole selvatiche. Quando i semi non sono ancora pronti a germinare il frutto che li contiene è verde, duro e acido, per poi diventare dolce, tenero e di un bel colore rosso acceso quando lo sviluppo è completo. Questo è il segnale per molti uccelli come i tordi, che beccano i frutti e volano via, trasportando lontano i semi maturi.  ovvio che tutto questo non è un piano studiato in modo consapevole dalle fragole per attirare gli uccelli solo e solo quando i semi sono pronti; né i tordi hanno mai pensato di domesticare le fragole. Tutto è dovuto alla selezione naturale: le piante con i frutti giovani più verdi e più acidi sono lasciate in pace dagli uccelli, e sopravvivono; le piante con i frutti maturi più rossi e dolci hanno più successo con gli uccelli, e propagano meglio la loro discendenza. Questo meccanismo si ripete in innumerevoli altre specie: le ghiande sono adattate agli scoiattoli, i manghi ai pipistrelli, certi carici alle formiche e così via. un meccanismo che soddisfa in parte la nostra definizione di domesticazione, perché le modifiche generiche in queste piante le rendono più utili a chi se ne ciba. Ma nessuno potrebbe etichettare questo processo evolutivo come una vera domesticazione, perché scoiattoli e uccelli non coltivano un bel nulla. I primi inconsapevoli passi verso l’agricoltura furono dello stesso tipo: alcune piante mutarono in maniera tale da essere più gradite all’uomo, che poteva cosi aiutarle meglio a disperdere i semi. Le latrine potrebbero esser state i laboratori dei primi, ignari contadini.