Varie, 16 febbraio 2005
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Lehane Dennis
• Dorchester (Stati Uniti) 4 agosto 1965. Scrittore • «Prima di Mystic River, il film pluripremiato che Clint Eastwood ha tratto dal libro di Dennis Lehane, il nome dello scrittore di Boston era noto quasi esclusivamente agli appassionati cultori del noir di rango. Gli Oscar assegnati ai due interpreti Sean Penn e Tim Robbins hanno dunque reso giustizia anche al romanzo: meritatamente, perché La morte non dimentica è una grandiosa tragedia, un’amarissima “opera di strada”, per usare la definizione dello stesso autore, dove tre destini si intrecciano negli anni dell’infanzia, si ricongiungono nell’età adulta e infine, dolorosamente, si dissolvono. La morte non dimentica è un’opera esemplare dal punto di vista della mai terminata discussione sui generi, ancora oggi mal tollerati da chi sostiene che tra le sbarre di una gabbia narrativa non possa fiorire che paraletteratura. Lehane segue le regole del thriller, perché costruisce un meccanismo investigativo perfetto: e insieme le supera, perché il centro della narrazione è nel racconto di un’amicizia infantile spezzata, di tre vite adulte diversamente infelici e di un quartiere, East Buckingham, che va perdendo ogni sembianza di comunità per trasformarsi in lussuoso dormitorio dove il male è insensato, e dove l’omicidio non rientra in alcun codice criminale. Per questo, nessuno è in grado di rispettare la norma principe del genere, e di riportare l’ordine nel caos: non chi appartiene alla Legge, non chi vi si oppone. E nemmeno chi di entrambe è vittima. [...] Fa bene Lehane a usare la parola tragedia per definire il romanzo. Sembra, in effetti, l’azione stessa del Fato ad imporre ai personaggi la lunga resa di conti che si svolge fra i due momenti quietamente americani che aprono e chiudono la vicenda: una partita di baseball e la parata del Columbus Day. E il Fato, probabilmente, continuerà ad accanirsi sul figlio di uno dei tre amici: che, muto e immobile, chiude il romanzo osservando la folla da un carro della sfilata» (Loredana Lipperini, “la Repubblica” 16/2/2005).