15 febbraio 2005
Tags : Natasha. Radojcic
Radojcic Natasha
• Nata a Belgrado (Serbia) nel 1966. Scrittrice. «[...] autrice di Ritorno a casa, premio Grinzane Cavour [...] ”[...] Avrei voluto essere un poeta, cerco di mettere della poesia nel mio linguaggio, quindi non sono prolissa, ripulisco molto le mie frasi prima di giudicarle accettabili. [...] Amo Tennyson, la sua poesia è pura maestria. E Joyce. Ho cominciato a leggere ÿ e non lo capivo. Allora ho comprato la versione audio, leggevo e ascoltavo insieme, è stato ottimo per la lingua. Ma più migliora l’inglese più perdo il serbo-croato. Ho avuto successo solo perché ho scritto in inglese e abito New York. Non sarebbe potuto accadere altrove. Conosco tanti scrittori serbi di cui nessuno sa nulla e che sono bravissimi. Il mercato americano è impenetrabile dall’esterno [...] Non penso ancora a me stessa come a una scrittrice di successo, continuo a insegnare ginnastica. Credo che l´umiltà sia il primo requisito del valore. Steinbeck è il mio autore preferito. Ho letto le lettere ai suoi fan, lui sembra davvero gentile e indulgente, cerca sempre di dare risalto alla grandezza dell’animo umano. [...] Ho sempre scritto. Diari, diari, diari, furiosamente. un vero bisogno. Mi serve per organizzare i pensieri. Mi piace essere chiara e credo che cambiare lingua sia servito a questo. Ho cominciato a usare l’inglese per scrivere a 29 anni, prima facevo sport. C’era la guerra e tutta la mia famiglia era in pericolo. E il conflitto è diventato una buona ragione per tirare fuori la guerra che era in me e nella mia natura focosa e testarda. Le bombe Nato mi hanno fatto scrivere il mio primo romanzo. Stavo telefonando a mio padre e ho sentito le bombe. Ho sentito il rumore delle bombe al telefono. E io ero a New York, lontanissima. Era prima dell’11 settembre, in quel momento ho sentito la guerra. Mi sono seduta e ho cominciato a scrivere [...] Sono cresciuta in una famiglia musulmana e ho capito presto l’importanza delle donne, sono l´ingrediente essenziale per una vita felice!” [...]» (Pico Floridi, ”la Repubblica” 15/2/2005). «Un autobiografismo forte ed energico. Per nulla intimista e compiacente. [...] il suo fisico muscoloso, il sorriso aperto in un viso fresco e senza trucco, svelando subito la sua femminilità volitiva. [...] due romanzi tragici (entrambi Adelphi), Ritorno a casa sulla Bosnia consumata dall’odio etnico dopo l’ultima guerra, e l’ancor più biografico Domicilio sconosciuto sui primi duri anni a New York (città in cui vive dall’89) [...] ”[...] mi piacerebbe essere un samurai, un guerriero protettore dei più deboli. Sono sempre stata consapevole della mia forza fisica - a 12 anni ero alta uno e settantacinque, ero portiere in una squadra di calcio maschile e avevo due cavalli - e anche psicologica. Per un guerriero, uno scrittore, tutta la vita è sacra [...] La disciplina delle arti marziali va tutta sulla pagina. Sono un’ottima spadaccina - spada giapponese -, tiro con l’arco, pratico il triathlon. Anche nella scrittura vado dritta al punto, allo scopo. Elimino ogni movimento non necessario. Precisione, esattezza, velocità. La mia scrittura non è riflessiva, è come me in movimento costante” [...]» (Claudia Rocco, ”Il Messaggero” 7/6/2005).