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 2005  febbraio 15 Martedì calendario

FANTASTICHINI Ennio

FANTASTICHINI Ennio Gallese (Viterbo) 20 febbraio 1955. Attore • «[...] nato a teatro con Dario Fo, Memé Perlini, Falso Movimento, ha alternato il cinema con la tv, anche se è stato soprattutto il cinema con film come Porte aperte di Gianni Amelio, La stazione di Rubini, Una storia semplice di Emidio Greco, Ferie d’agosto di Virzì ad avegli fatto conquistare stima e notorietà. [...] ”Chi li ha visti gli ultimi film che ho girato? Alla fine della notte di Piscicelli sarà uscito in sei copie. Rosa Funzeca di Grimaldi con Ida Di Benedetto è passato sotto silenzio. Controvento di Del Monte, nonostante Margherita Buy e Valeria Golino, non è andato bene. Per tutto il tempo che ci resta di Vincenzo Terracciano ha incassato pochissimo. Pare che il mercato cinematografico italiano vada in una direzione diversa dalla mia. Pare che il cinema d’impegno, non dico politico ma almeno sociale, interessi pochissimo. Che la sperimentazione sia morta. Che i giovani vogliano altro. Al cinema oggi va forte l’oriente, i cartoni, i block-buster americani, qualche commedia ”pecoreccia’ all’italiana. Allora faccio la televisione. l’unica via percorribile [...] L’ho sempre fatta. A differenza di molti colleghi sono convinto che si possa fare anche una buona fiction. Purché sia breve. Una serie lunga come Cuore contro cuore [...] non la farò mai più: troppi tagli, troppe manipolazioni. Parti con un’idea e arrivi con un’altra. I film-tv, invece, possono funzionare. Vedere Giorgio Tirabassi nel ruolo del giudice Borsellino mi ha commosso. Così come m’è parsa una bella occasione recitare di nuovo con Rubini in Sacco e Vanzetti”. [...]» (Simonetta Robiony, ”La Stampa” 14/2/2005) • «[...] ”La malinconia è stata mia compagna perenne. Sono nato fallato. Credevo che fosse depressione, finché ho toccato con mano in famiglia che cos’è la vera depressione, quella che porta a porre fine alla propria esistenza. Ma questi sono fatti molto privati [...] Fin da ragazzo provavo un senso di isolamento, in una realtà che non mi corrispondeva”. Suo padre era maresciallo dei carabinieri: le ha pesato un’educazione troppo rigida? ”[...] Mio padre chiamava mia mamma al balcone: ”Giulietta, aggiungi un piatto di pasta, che abbiamo arrestato uno e deve mangiare’. Erano innamorati persi, non smettevano mai di toccarsi. Un modello meraviglioso, che ho passato la vita a distruggere. La notte li sentivo... quante scopate si facevano. Eppure, hanno avuto tre figli tutti depressi [...] A 18 anni mi sono sposato per poter dormire con la mia ragazza. A 19 ci siamo lasciati [...] L’alcol era il prezzo della mia malinconia. Ho frequentato gli Alcolisti Anonimi, a loro devo molto [...] Avevo la sbronza triste, me la facevo in completa solitudine. Come con la cocaina: sempre dietro una porta sbarrata, mai assieme agli altri”. [...] ha fama di persona rabbiosa, violenta persino. ”Quando ancora frequentavo la passione, ho avuto qualche litigio ”dinamico’ con la madre di mio figlio. Cose in altri Paesi considerate normalissime, ma che nel mio caso hanno costruito una leggenda intorno a me. Ci siamo un po’ menati a Venezia, un’altra volta è dovuto intervenire a separarci il mio amico Massimo Ghini [...] Nadia ha attraversato buona parte della mia vita. E con lei è finita malissimo. Tre cause: civile, penale e al tribunale dei minori. Volevo Lorenzo in affidamento, lei mi ha fatto pignorare questa terra, che è quella della mia famiglia. Non eravamo sposati e quindi per me era tutto più difficile, si pensava che dovessi versare l’assegno e basta. [...] La mia violenza verbale... L’agente mi dice che i produttori hanno paura di me. Il fatto è che io credo alla cavalleria [...] Giravo un film per la tv, La fuga degli innocenti. Per la regola del Don Chisciotte, quando vedo che si aggrediscono le persone indifese, le giovani fanciulle, divento un animale. Così ho difeso la mia collega Jasmine Trinca. Mi sono incazzato, e stavo per passare al fisico. C’è gente che è subito pronta a maltrattarti, se non ti difendi [...] siccome c’è una certa frustrazione nel non potermi mandare a quel paese, dicono che sono uno che dà cazzotti [...] Ne ho dati da ragazzo per ragioni politiche. Mi chiamavano La Pasionaria [...]”» (Marina Cappa, ”Vanity fair” 1/9/2005).