13 febbraio 2005
Tags : Giulio. Savelli
Savelli Giulio
• Nato a Roma il 27 settembre 1941. Politico. «Esteta che svolazza di fiore in fiore alla ricerca non si sa bene di chi o di che cosa» (Filippo Ceccarelli). «Lui lo chiama il Filo Rosa. Un Filo Rosa che lega la sua esistenza, che rappresenta la coerenza della sua vita. Negli anni Sessanta, appassionato giocatore di scacchi e giovanissimo fondatore della Samonà e Savelli, la casa editrice più famosa della sinistra extraparlamentare, mito per i giovani contestatori, pubblicava manuali sulla guerriglia urbana. [...] a 60 anni, milita nel Ccd del democristiano Casini e si presenta alle elezioni a fianco dell’ex fascista Fini. [...] ”[...] sarebbe ridicolo dire che c’è un filo rosso tra quello che pensavo allora e quello che penso adesso. Ma un filo c’è. Il mio capovolgimento non è inspiegabile. Io resto un ammiratore del marxismo. Come persona ho una grande ammirazione per Trtozki. [...] Io sono sempre stato di una sinistra libertaria. Mai simpatizzato per l’Urss. Sempre stato antistalinista. Negli anni giovanili mi sono illuso che fuori del sistema sovietico si potesse fare il socialismo in un modo diverso. Nel 1968 sono stato tre mesi a Cuba e là mi è caduta l’ultima illusione. Ho visto che il comunismo non poteva essere che quello lì. [...] La forzatura di un’avanguardia politica nei confronti della propria popolazione [...] Ci siamo inventati un mito, il socialismo della fantasia. Quando ci siamo accorti che non poteva esistere, per alcuni c’è stato il riflusso nel privato, per altri l’accettazione della società occidentale. [...] Sono stato iscritto al Pci fino al ’66 quando sono stato radiato per frazionismo. Poi, sempre per frazionismo, sono stato espulso anche dai trotzkisti. Il Pci mi aveva espulso perché facevo la rivista ’La Sinistra’ con Lucio Colletti. I trotzkisti mi espulsero perché facevo la rivista ’Soviet’ con Paolo Flores d’Arcais [...] Avevano ragione a espellermi. Io ero un corpo estraneo [...] Ho pubblicato circa 1.200 volumi, Quasi tutti una schifezza. Ne salvo quattro o cinque [...] mi pento. Abbiamo avuto tutti la nostra parte di responsabilità. Io non ho mai tirato una sola molotov, come ha fatto D’Alema. Ma ho le mie colpe. Predicare la violenza ha avuto un ruolo nel fatto che molti giovane sono andati a finire male”. Dopo Trotzki, Craxi. ”Mi erano simpatici quelli che volevano rompere la diarchia Dc-Pc. Mi illusi che se Craxi avesse fatto il primo ministro le cose si sarebbero messe in moto”. [...] Dopo il periodo socialista, simpatie per Bossi. ”Interesse, Bossi non mi era simpatico. [...] Feci un giornale, ’La voce della Lega’. Quando glielo feci vedere si arrabbiò moltissimo: ’Non rompermi le scatole con le tue stupidaggini. Ti stai agitando troppo’ [...] Mi pugnalò alle spalle. Nel 1992, una sera a una delle solite cene: c’erano Bossi e Feltri. Mi dissero: ’Devi candidarti con la Lega’. Mi condusse fino dal notaio a firmare l’accettazione di candidatura. Poi, di nascosto, mi depennò. [...] Stessa storia con Forza Italia. Mi candido, vengo eletto e cerco di dare un contributo. Nel 1996 Forza Italia convoca un Consiglio nazionale. Io presento una mozione, firmata anche da Colletti, Filippo Mancuso, Tiziana Maiolo, Taradash, Vertone, in cui si dice: ’In attesa del Congresso di Forza Italia, il Consiglio nazionale propone di eleggere un comitato consultivo che affianchi il presidente Berlusconi nella sua guida lungimirante’ [...] Si mise a battere i pugni sul tavolo urlando: ’Se fate questo vuol dire che non avete fiducia nel vostro leader!’ [...] I leader fiutano subito che io sono un rompiscatole [...] Sono di sinistra come tutti quelli che hanno una mentalità progressista. Mentre la sinistra attuale è radicalmente conservatrice. Difende lo status quo [...] Al liceo mi presentavo già con in tasca l’’Avanti!’. Era illeggibile [...] ma a me serviva compe provocazione [...] Ho fatto un percorso movimentato, al punto da sembrare un voltagabbana. Ma ogni volta ci ho creduto fino in fondo” [...]» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” n. 5/2001). «[...] già titolare delle ”Edizioni Savelli - La nuova sinistra” [...] viene dal gruppo trotzkista della ”Quarta Internazionale”, poi ha pubblicato il settimanale ”La sinistra”, nel ’93 si schierò per Fini sindaco di Roma, nel ’96 è diventato deputato con Forza Italia ed è passato anche dall’Udr di Cossiga. [...] ”[...] Mi vergogno [...] di aver sostenuto, come fece anche il Pci per molti anni, la necessità di fare la rivoluzione violenta. Fu una cosa grave, perché seppure io non ho mai dato uno schiaffo, quando si predicano certe cose, alla fine qualcuno che prova a metterle in pratica si trova. Ricordo che nel ’68, su ’La sinistra’ , pubblicammo un manuale per confezionare una bottiglia molotov, e io me ne vantai, durante una visita a Cuba, con Melba Hernandez, uno degli esponenti castristi più vicini a Fidel. Lei mi rimproverò, perché diceva che certe cose o si fanno oppure nemmeno si propagandano. Io ci rimasi male, ma lei aveva ragione...”. Vergogna con Melba Hernandez, quindi, ma non con Gianfranco Fini quando, nel ’93, Giulio Savelli si schierò pubblicamente a favore della sua candidatura a sindaco di Roma. Chissà se l’allora leader missino si ricordava che quello stesso Savelli, vent’anni prima, aveva pubblicato il libro a difesa dei responsabili della morte dei fratelli Mattei. ”Sinceramente non lo so. Ma io nel ’94 scrissi a Fini per dirgli di non pensare a una mia candidatura nelle elezioni politiche, proprio per non metterlo in imbarazzo con il mio passato”. Nel ’96, invece, con Forza Italia non ci furono scrupoli. ”Oggi sono un indipendente che ha maturato posizioni liberali ormai da trent’anni”. Proprio dal tempo di Primavalle, incendio a porte chiuse» (’Corriere della Sera” 13/2/2005).