13 febbraio 2005
Tags : Gary. Schull
Schull Gary
• Nato in Doleystone (Stati Uniti) il 18 dicembre 1944, morto a Melbourne (Stati Uniti) il 9 febbraio 2005. Giocatore di basket. «[...] il Barone di Bologna, giocatore mito della storia biancoblù, il campione che più di ogni altro ha saputo incarnare lo spirito dell’Aquila fortitudina. [...] è stato tra i pionieri del basket moderno in Italia, quando dall’America arrivò l’ondata degli stranieri che diede grande impulso alla crescita del gioco e dello spettacolo. Non aveva il carisma di Bradley né il talento di Driscoll e Raga, ma subito divenne una stella per come si batteva in campo. Arrivò alla Fortitudo nell’estate del ’68, chiamato da coach Beppe Lamberti con il quale formò una coppia indissolubile per cinque stagioni. Nativo della Pennsylvania, classe ’44, sangue cherokee nelle vene, Schull giocava pivot, era un due metri poco atletico ma molto rapido e a Florida State deteneva tutti i record dell’ateneo (15 punti e 11 rimbalzi di media) prima dell’avvento di un certo Dave Cowens. Settima scelta di Cincinnati (oggi Sacramento) nel ’66, sbarcò il lunario giocando in una piccola lega industriale dell’Oklahoma, non approdò mai in Nba, anche se fu molto vicino a firmare un contratto con Seattle ”I Sonics mi offrirono dodicimila dollari, Bologna tredicimila. Ma non fu per mille dollari in più che scelsi la Fortitudo. Volevo fare un’esperienza di vita e l’Italia mi attirava molto”, raccontò nel ’99, quando venne a salutare la sua Fortitudo che poi sarebbe diventata campione d’Italia. I suoi cinque anni a Bologna con la fama di combattente sono simboleggiati da una famosa foto che lo immortala in trionfo tra i tifosi mentre urla di gioia, sanguinante, dopo un derby, il suo terreno di caccia preferito (ne ha vinti 6 su 9): un ritratto che campeggia tuttora nella Gallery del PalaDozza. Leader di Eldorado e Alco, squadre un po’ naif e sgangherate, sempre invischiate nei bassifondi della classifica, Schull non era solo un ”fighter”. Anche i numeri parlavano per lui: un anno vinse la classifica marcatori e per due stagioni quella dei rimbalzisti. In totale ha prodotto 2339 punti (media 22.4) con un record personale di 44. Era diabetico, ma nessuno lo sapeva. Un giorno svenne in bagno e lo trovarono con le siringhe per terra. Tutti credettero che si drogasse, Lamberti furioso voleva cacciarlo, ma lui in lacrime spiegò che quelle erano iniezioni di insulina. Per lui, la Fortitudo era tutto: ”Rubini mi voleva al Simmenthal ma non me la sentii di lasciare Bologna. L’unico rimpianto è quello di avere lottato sempre per l’obiettivo della salvezza”, aggiunse. In campo era forte e professionale, ma fuori era bizzarro. Amava le donne e la musica. Suonava la chitarra e nel’71 incise pure un 45 giri dal titolo La storia di Gary, una specie di ballata del Barone, soprannome che gli diedero a Bologna perché appena arrivato fischiettava sempre la canzonetta del Barone Rosso. Lasciò il basket a soli 29 anni, richiamato in patria dagli obblighi dell’azienda paterna e dalla salute cagionevole della madre. Fisicamente era ormai alla frutta, ma per quelli che l’hanno visto lottare nel pieno della forma era e resterà sempre un eroe. [...]» (Andrea Tosi, ”La Gazzetta dello Sport” 13/2/2005).