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 2005  febbraio 13 Domenica calendario

MIRZA Sania Hyderabad (India) 15 novembre 1986. Tennista • «[...] la prima indiana a vincere un torneo professionistico

MIRZA Sania Hyderabad (India) 15 novembre 1986. Tennista • «[...] la prima indiana a vincere un torneo professionistico. ”Killer face”, faccia da bambina e cuore da tigre, c’è riuscita a Hyderabad, cioè nella tappa Wta nella sua città natale: battendo in finale l’ucraina Alyona Bondarenko, s’è assicurata l’immortalità nella storia sportiva nazionale [...] Sania non è alta, non è potente, ”ha un’accelerazione più da Ford che da Ferrari”, come la descrivono i suoi biografi, getta la palla alle stelle quando batte, è molto più forte di dritto che di rovescio e non ha un futuro da prime del mondo, però ha cuore e coraggio, ed un orgoglio smisurato. L’ha dimostrato subito, quando a 6 anni voleva diventare una campionessa di nuoto: ”Ma sapevo che non avevo il fisico adatto e così, per gioco, finii a un corso di tennis”. L’allenatore la scartò: ”troppo piccolina”. Ma un anno dopo convocò i genitori: ”A quell’età mai visto qualcuno colpire così bene la palla”. [...] vinse il bronzo in doppio misto ai Giochi Asiatici nel 2002 con Leander Paes [...] ha conquistato Wimbledon juniores di doppio nel 2003. Forte, fortissima, dentro, Sania ringrazia: ”Papà e mamma che non mi hanno mai messo pressione e mi hanno sempre aiutata, i miei allenatori e Dio”. Non ha mai smesso di studiare per corrispondenza, ha sempre avuto come idolo tennistico Steffi Graf e non ha mai accettato l’idea dell’inferiorità fisica degli indiani rispetto agli avversari: ”Da quando ho 14 anni ogni giorno è una sfida, di fisico, testa e sensazioni. Mi do sempre tutta, gioco 8-9 ore al giorno, viaggio 30 settimane l’anno [...]”. [...]» (Vincenzo Martucci, ”La Gazzetta dello Sport” 13/2/2005) • «[...] è molto graziosa. In campo porta la gonna corta, come tutte le tenniste, e magliette che a volte le scoprono il pancino. Con addosso il chador o il burqa, del resto, faticherebbe a picchiare con la stessa efficacia il diritto lungolinea. ”C’è chi disapprova il mio modo di vestire - sostiene, allargando i suoi vivacissimi occhi neri - Ma io prego cinque volte al giorno e faccio tutto quello che deve fare un bravo musulmano, mentre ci sono uomini che portano la barba lunga ma si comportano malissimo. una faccenda fra me, la mia famiglia e Dio. Non m’importa cosa dice la gente. Io so solo che giocando a tennis rappresento me stessa e il mio paese, e che se continuo a vincere convincerò altre donne musulmane a uscire di casa e fare sport”. Sania Mirza, la prima indiana capace di superare più di un turno in un torneo del Grande Slam, è nata a Mumbai e cresciuta ad Hyderabad, da una famiglia musulmana della media borghesia che sa mescolare il Corano al computer, la preghiera alla palestra. Mamma Naseema è casalinga, papà Imran un giornalista sportivo che in fatto di abbigliamento femminile la pensa proprio come la figlia. Anni fa scrisse una lettera ai magliari sportivi indiani per convincerli a produrre completini religiously correct ”perché noi Mirza siamo una famiglia moderna, ma ci sono tante ragazze che non possono fare sport perché non possono scoprire le gambe in pubblico”. stato lui a installare Sania su un campo da tennis, quando la bimba aveva sei anni, al Nizam club di Hyderabad. Lì l’ha fatta svezzare dal padre di Maesh Bhuphati [...]. Quando è apparso chiaro che la ragazzina aveva classe e muscoli, Imran l’ha spedita prima ad un college di perfezionamento a Securabad, poi in Florida, alla Ace Academy, affidandola agli occhi esperti di Bob Brett, l’ex coach di Boris Becker e Goran Ivanisevic. Anche perché ”adesso i campi da tennis in India sono migliorati, ma allora erano terribili, e mi storcevo le caviglie dieci volte al giorno”. Un investimento ben calcolato. Da juniores la sedicenne Sania è riuscita a conquistare il doppio a Wimbledon, poi sono venuti 21 titoli Itf [...] la prima vittoria nel circuito Wta, proprio a Hyderabad, la sua città. La prima di una donna indiana, 46 anni dopo quella maschile di Ramanathan Krishnan al Queen’s Club di Londra, a trenta di distanza dai successi sorridenti dei fratelli Amritraj. Risultato: la ragazzina che sognava di diventare medico, cresciuta idolatrando Sachin Tendulkar, la star del cricket indiano, oggi in patria deve girare con due guardie del corpo. La Lotto le ha dedicato una linea di abbigliamento e in India è finita seconda in un sondaggio televisivo in qualità di ”icona giovanile”, giusto dietro Shah Rukh Khan, stranoto volto di Hollywood. Sachin Tendulkar, dopo il terzo turno agli Australian Open, l’’ha chiamata al telefono per complimentarsi, e le ha regalato una macchina. ”Siamo diventati amici” gongola la piccola dea. ”Sania ha rotto il ghiaccio - commenta Krishnan - La sua è una rivoluzione per l’India”. Oggi Sania vive a Jubily Hills, il sobborgo chic di Hyderabad, insieme a mamma, papà e alla sorellina Anum. [...] ama il rap e l’hip hop, ma non fa passare un giorno senza leggere il Corano e rispetta scrupolosamente il Ramadan. Si presenta in conferenza stampa con t-shirt piene di scritte birichine in inglese (’Le ragazze beneducate non hanno mai fatto la storia”, oppure ”Puoi scegliere se è essere d’accordo con me o avere torto”, o ancora ”Sono bella, vero? Niente stronzate”) ma è fierissima di essere indiana. Indiana, carina, vincente. E sveglia, calma, decisa. ”Le scritte sulle magliette? Sono giovane, mi diverto come una qualsiasi diciottenne occidentale, non cercateci dentro significati strani. Se voglio dirvi qualcosa,non preoccupatevi, ve lo dico a voce”. [...] Una Shiva in gonnella, che crea e distrugge. Una gentile Kalì, dalle leve lunghe, dalle forme morbide, con le orecchie trafitte di vezzosi, orientalissimi orecchini. Una ragazza di oggi che non si accontenta di essere entrata in fretta nell’affollatissimo pantheon delle divinità del glamour, e fra le prime 50 tenniste del mondo. ”No, non mi basta. Voglio continuare a giocare fino al secondo sabato dei tornei dello Slam”. Quello, per chi non lo sapesse, in cui si gioca la finale femminile» (Stefano Semeraro, ”La Stampa” 3/9/2005).