Varie, 9 febbraio 2005
LUCCHINI
LUCCHINI Luigi Casto (Brescia) 21 gennaio 1919. Industriale. Subito dopo la seconda guerra mondiale sviluppò l’attività del padre costruendo un piccolo laminatoio per la produzione di tondo per cemento armato. Con gli anni dalla dimensione artigianale passò a quella industriale, investendo in laminatoi sempre più produttivi e realizzando i primi forni elettrici capaci di fondere il rottame e trasformarlo in lingotti d’acciaio, pronti per essere laminati. Nel 2010 ha ceduto alla russa Severstal l’ultimo 20% del gruppo (già nel 2005 gli aveva ceduto la maggioranza) • «Da figlio del fabbro di Casto, a ”re del tondino”, presidente di tutti gli industriali italiani e poi ancora protagionista della finanza italiana, con la presidenza della Montedison e quella della Comit, la guida del patto di sindacato di Hdp, la presenza nel consiglio Generali. [...] Figlio di Giuseppe, fabbro del paese e di Rosina Freddi, che gestiva un’osteria, è davvero il simbolo del ”self made man” lombardo. Nonostante il diploma da maestro elementare in tasca sceglie di continuare l’avventura paterna e trasforma la bottega nella Ferriera di Casto, costruendo una fortuna sul tondino, l’anima metallica del cemento armato che negli Anni ”60 copre l’Italia, Nel giro di qualche decennio è tra i grandi dell’industria italiana, con fabbriche - non solo in Italia . che sfornano laminati di acciaio pregiati. Il ruolo di industriale solido e concreto e anche quello di uomo duro con i sindacati - memorabile lo scontro in una delle sue aziende, la Eredi Gnutti, nel quale affronta dodici mesi filati di sciopero prima di spuntarla - lo porta nell’84 alla guida della Confindustria, dove resta fino all’88. La fama di ”falco” nelle relazioni industriali lo precede sempre, ma lui sceglie uno slogan diverso: ”Fermezza, non durezza”. E fermo, ache se uomo di grande equilibrio e mediazione,si dimostra anche sulla scena finanziaria dove tra gli Anni ”80 e ”90 diventa uno dei grandi protagonisti. [...] Ma il mondi finanziario si muove a velocità vertiginosa [...] I debiti finanziari mettono in crisi la Lucchini, nel 2002 Enrico Bondi su mandato delle banche creditrici - prende in mano la ristrutturazione del gruppo mentre l’anno successivo viene varato il piano che porterà all’accordo con la Severstal [...]» (f. man., ”La Stampa” 9/2/2005). «Agli inizi degli anni Settanta Luigi Lucchini, Gino per gli amici, era soltanto un signore immensamente ricco (già allora) che abitava in provincia, a Brescia. Per trovarlo era inutile andare in giro per i salotti buoni milanesi. Nessuno lo conosceva e pochi sapevano persino della sua esistenza. Tranne il gioielliere Bulgari. Ogni tanto Gino gli telefonava e con la sua aria un po’ distratta e impastata di bresciano gli diceva: ”Che cosa fa domenica?”. E, ovviamente Bulgari rispondeva: ”Ma passo da Brescia e vengo a trovarla”. Arrivava con le sue borse piene di stupendi gioielli, incassava l’assegno e se ne andava. La signora Lucchini era un po’ più felice. E Gino anche: un’altra domenica, un’altra giornata non-di-lavoro se n’era finalmente andata. A Brescia era il re del tondino, e tutti sapevano che era il più ricco di tutti. Ma se ne stava in provincia, nella sua villetta all’incrocio fra due strade (niente palazzo gentilizio, per carità). E lavorava, tondino per l’edilizia, a camion. Quanto guadagnava? [...] ha confessato che poteva anche arrivare a cento milioni al giorno, negli anni Settanta. ”Ma non sempre, eh, solo quando passa la colombina”. Cioè? ”Quando passa la fortuna”. E questo perché il tondino era legato all’edilizia. E allora c’erano dei momenti in cui i camion si vendevano all’asta davanti ai cantieri e altri in cui non li voleva nessuno. A un certo punto gli avevano rapito il figlio Giuseppe (che più tardi prenderà il suo posto in azienda). Gino aveva trattato personalmente il riscatto con i rapitori. E era molto soddisfatto per come erano andate le cose. Il figlio era tornato a casa e lui aveva risparmiato rispetto alle richieste iniziali. Se l’era cavata con cinque miliardi (di allora). In quegli anni a Lucchini i sindacati non piacevano. ”I soldi spesi per far fallire uno sciopero sono i soldi meglio spesi”, diceva. Più tardi, e molto più ricco, è cambiato. Si è fatto più diplomatico e uomo quasi di mondo. Con la consulenza di Luigi Landi (grande banchiere fiorentino) si è messo a comprare quote azionarie di qui e di là. entrato in vari cda, riuscendo a farsi accettare davvero nei salotti buoni. Mediobanca compresa. stato anche presidente di Montedison e Comit. Insomma, quando serviva una brava persona, amica un po’ di tutti chiamavano Gino. E lui andava, felice, forse pensando agli amici rimasti a Brescia. stato presidente anche di Confindustria, tutto sommato saggio e buono. Non ha brillato, ma non ha nemmeno sfigurato. Ma, sotto sotto, è rimasto un po’ il re del tondino di Brescia, cosa di cui è sempre andato fiero. [...] Da presidente della Comit, a Milano, lasciò tutti un po’ di stucco perché da Brescia si era portato dietro Mercedes con autista e la segretaria: ”[...] io non sono tanto pratico di banche, e allora ho bisogno della mia organizzazione intorno”. [...] Nella sua vita i soldi sono stati molto importanti, anche perché è partito senza, dal niente [...]» (Giuseppe Turani, ”la Repubblica” 9/2/2005).