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 2005  febbraio 07 Lunedì calendario

Non parlare male degli altri. [XVIII] D’altrui né delle altrui cose non si dèe dir male, tutto che paia che a ciò si prestino in quel punto volentieri le orecchie, mediante la invidia che noi per lo più portiamo al bene et all’onore l’un dell’altro; ma poi alla fine ogniuno fugge il bue che cozza, e le persone schifano l’amicitia de’ maldicenti, facendo ragione che quello che essi dicono d’altri a noi, quello dichino di noi ad altri

Non parlare male degli altri. [XVIII] D’altrui né delle altrui cose non si dèe dir male, tutto che paia che a ciò si prestino in quel punto volentieri le orecchie, mediante la invidia che noi per lo più portiamo al bene et all’onore l’un dell’altro; ma poi alla fine ogniuno fugge il bue che cozza, e le persone schifano l’amicitia de’ maldicenti, facendo ragione che quello che essi dicono d’altri a noi, quello dichino di noi ad altri. Et alcuni, che si oppongono ad ogni parola e quistionano e contrastano, mostrano che male conoscano la natura degli uomini, ché ciascuno ama la vittoria, e lo esser vinto odia, non meno nel favellare che nello adoperare: sanza che il porsi volentieri al contrario ad altri è opera di nimistà e non d’amicitia. [...] Ma il più della gente invaghisce sì di se stessa, che ella mette in abbandono il piacere altrui: e, per mostrarsi sottili et intendenti e savii, consigliano e riprendono e disputano et inritrosiscono a spada tratta, et a niuna sentenza s’accordano, se none alla loro medesima. Il proferire il tuo consiglio non richiesto niuna altra cosa è che un dire di esser più savio di colui cui tu consigli, anzi un rimproverargli il suo poco sapere e la sua ignoranza. Per la qual cosa non si dèe ciò fare con ogni conoscente, ma solo con gli amici più stretti e verso le persone il governo e regimento delle quali a noi appartiene, o veramente quando gran pericolo soprastesse ad alcuno, etiandio a noi straniero; ma nella comune usanza si dèe l’uomo astenere di tanto dar consiglio e di tanto metter compenso alle bisogne altrui: nel quale errore cadono molti, e più spesso i meno intendenti. [...] Non è dilettevol costume lo essere così voglioso di correggere e di ammaestrare altrui; e dèesi lasciare che ciò si faccia da’ maestri e da’ padri, da’ quali pure perciò i figliuoli et i discepoli si scantonano tanto volentieri quanto tu sai che e’ fanno!