Brani tratti dal Galateo di Giovanni Della Casa, Rizzoli, Milano, 1982, 7 febbraio 2005
Non dare le spalle. [VI] [...] Male fanno similmente coloro che ad ora ad ora si traggono una lettera della scarsella e la leggono; peggio ancora fa chi, tratte fuori le forbicine, si dà tutto a tagliarsi le unghie, quasi che egli abbia quella brigata per nulla e però si procacci d’altro sollazzo per trapassare il tempo
Non dare le spalle. [VI] [...] Male fanno similmente coloro che ad ora ad ora si traggono una lettera della scarsella e la leggono; peggio ancora fa chi, tratte fuori le forbicine, si dà tutto a tagliarsi le unghie, quasi che egli abbia quella brigata per nulla e però si procacci d’altro sollazzo per trapassare il tempo. Non si deono anco tener quei modi che alcuni usano: cioè cantarsi fra’ denti o sonare il tamburino con le dita o dimenar le gambe; perciò che questi così fatti modi mostrano che la persona sia non curante d’altrui. Oltre a ciò, non si vuol l’uom recare in guisa che egli mostri le spalle altrui, né tenere alto l’una gamba sì che quelle parti che i vestimenti ricuoprono si possano vedere: perciò che cotali atti non si soglion fare, se non tra quelle persone che l’uom non riverisce. [...] Dèe l’uomo recarsi sopra di sé e non appoggiarsi né aggravarsi addosso altrui; e, quando favella, non dèe punzecchiare altrui col gomito, come molti soglion fare ad ogni parola, dicendo: -Non dissi io vero?- -Eh, voi?- -Eh, messer tale?- (e tuttavia vi frugano col gomito).