L’Indipendente, 06/02/2005, 6 febbraio 2005
Tentativi di suicidio. Questa differenza di età non poté non influire sulla natura del rapporto tra i due amanti e sulla tenuta psicologica di Eva
Tentativi di suicidio. Questa differenza di età non poté non influire sulla natura del rapporto tra i due amanti e sulla tenuta psicologica di Eva. Era gelosa, vedeva tradimenti ovunque, soffriva della mancanza di attenzioni di Hitler. A questi sentimenti vanno senz’altro ricondotti anche i due tentativi di suicidio che la ragazza mise in pratica. Il primo, nel novembre del ’32 con un colpo di pistola, il secondo, sul quale si hanno notizie meno certe, con una quantità eccessiva di sonnifero nel maggio del 1935: più una strategia per riavvicinare Hitler a sé che una effettiva volontà di procurarsi la morte. Infatti, pochi mesi prima, l’11 febbraio del 1935, scriveva sul suo diario: « appena stato qui. Ma niente cagnolino, niente armadi pieni zeppi di vestiti. Non mi ha nemmeno domandato se volessi qualcosa per il mio compleanno. Mi sono comprata dei gioielli per conto mio [...]. Speriamo che gli piaccia. Se no, che mi compri lui qualcosa». O, ancora, l’11 marzo successivo: «Desidero solamente una cosa, ammalarmi gravemente e non sentire più niente di Lui almeno per una settimana. Perché non è arrivato niente per me, perché devo sopportare tutto questo? Oh! Se almeno non l’avessi mai incontrato! Sono disperata. Adesso compro di nuovo dei sonniferi; poi cado in uno stato di torpore, così non devo più pensare a Lui in continuazione [...]. Ho aspettato per tre ore fuori dal Carlton e ho dovuto vederlo comprare dei fiori per Anny Ondra e invitarla a pranzo [...]». donne di potere Eva Braun non esercitò nessun potere, non ebbe alcun ruolo, se non involontario, negli eventi, nonostante fosse l’amante di Hitler. Altre erano le donne che esercitavano il potere. Emmy Göring, per esempio, proprio come il marito, amava vivere nello sfarzo e nel lusso più ostentato, era dispotica e molto irascibile. Oppure Magda Goebbels, che si rivolgeva al proprio Führer con una certa familiarità, a tal punto che arrivava a lamentarsi con Galeazzo Ciano del fatto che Hitler parlasse troppo e sempre delle stesse cose con i suoi ospiti, annoiandoli a morte. Fu forse lei la first lady, da un passato quasi imbarazzante di divorzi e tradimenti, ma comunque devota al suo capo tanto da chiamare i suoi sei figli con nomi che iniziavano per H. Tuttavia, Eva rappresentò la normalità in base alla concezione della donna che avevano i nazisti. Una normalità che voleva la donna consacrata al proprio uomo e ai figli, pronta al sacrificio, umile e non emancipata dall’autorità paterna o maritale. Dal 1935 gran parte della sua vita si svolse al Berghof, la villa alpina di Hitler vicino Berchtesgaden trasformata in sfarzosa residenza di corte. Anche qui camere separate per i due. Tuttavia Eva poteva essere un po’ più libera, anche se le sue attività erano dei rituali: fotografare le montagne, fare passeggiate in giardino, giocare con i cani e raccogliere i fiori. Qualche volta riceveva la visita delle sorelle e di alcune amiche. Mai, però, restava sola: aveva sempre con sé ufficiali delle Ss che la seguivano come guardie del corpo. Ogni tanto tornava il padrone di casa, e in quel caso Eva doveva indossare il vestito da tirolese che vediamo ancora oggi nei filmati. Anche a Berlino, dove si trasferiva ogni tanto per brevissimi periodi, aveva una stanzetta riservata nell’appartamento di Hitler, dove restava segregata mentre lui svolgeva i suoi compiti.