Varie, 7 febbraio 2005
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Erving Julius
• East Meadow (Stati Uniti) 22 febbraio 1950. Giocatore di basket. Alto 2 metri, è stato il giocatore più spettacolare degli anni Settanta. Passato professionista nel 1971 coi Virginia Squires della disciolta Aba, nel ’73 si trasferisce ai New York Nets con i quali vince due titoli. Quando nel 1976, la Aba confluisce nella Nba, Erving passa ai Philadelphia 76ers. In 11 stagioni, disputa sempre i playoff vincendo il titolo del 1983. Segna più di 18 mila punti. Le sue schiacciate restano nel mito. «[...] Mani, grandi mani. Quelle dita enormi che abbrancavano la palla e gli imprimevano movimenti musicali. [...] “All’high school u ncompagno detto The Professor perché con la lingua la sapeva lunga mi chiamò The Doctor, dicendomi che così potevo vivisezionare meglio gli avversari. Perciò, quando arrivai ai Virginia Squires della Aba, mi portavo dietro quel soprannome, solo che di dottori ce n’erano già due, il medico e il massaggiatore: così Soujourner aggiunse la J emi rese celeberrimo. [...] Molti mi chiedono quale sia stato il momento più bello della carriera. Sarebbe facile rispondere con il titolo vinto a Philadelphia nel 1983 dopo tre finali perse, ma io ho ancora il ricordo indelebile della mia prima partita da professionista. Non era più il tempodelle esibizioni, dove potevi fare tutto e il contrario di tutto, ma l’ora della verità, del confronto. In squadra, a Virginia, c’era Charlie Scott, capocannoniere l’anno prima: sapevo che avrebbe tirato molto e quindi avrebbe sbagliato qualche tiro. Su quei rimbalzi, mi dissi, dovevo arrivare io prima degli altri: a fine partita ne presi 22, avevo superato l’esame” [...]» (Riccardo Crivelli, “La Gazzetta dello Sport” 25/11/2005). «[...] Poetry in action, poesia in movimento [...] Doctor J.[...] Micheal Jordan. [...] sinceramente e modestamente, ammise un giorno che “se non ci fosse stato il Doc, non ci sarebbe stato Jordan”. Perché il Doc “operava” ai piani alti con una grazia mai vista prima sul parquet: veleggiava in aria, disegnava figure da ballerino, un Nureyev di due metri. Erving è stato il primo cestista a portare il gioco sempre al di sopra del ferro: il primo grande cestista volante. Julius Erving non schiacciava, depositava a canestro tuoni che stordivano gli avversari, anche perché madre natura l’aveva dotato di due mani enormi, con una falange in più nelle dita che gli permetteva di trattare la palla come fosse un’arancia ma di avere anche una sensibilità da pianista. I suoi passaggi erano numeri da prestigiatore. Ma soprattutto aveva un inimitabile controllo del corpo. Sapeva librarsi in aria ed eseguire movimenti impossibili per i comuni mortali. Pulito, composto, stilisticamente perfetto nelle continue incursioni in aerea, cui era spesso costretto dal suo unico tallone d’Achille: un tiro non proprio infallibile dalla distanza. Classe 1950, Doctor J cominciò la sua carriera nella poi scomparsa lega Aba, approdando alla Nba nel 1976: Philadelphia era il suo regno e insieme raggiunsero il titolo nel 1983. Una sola volta, guarda caso dopo che la società gli aveva dato come compagno di squadra un vero centro, il signor Moses Malone, che faceva pulizia sotto i tabelloni. Per molti Doctor J, con le sue movenze feline e quella capigliatura vaporosa e ribelle dei suoi primi anni, era la bandiera dei funambolici cestisti neri in contrapposizione al basket “bianco” più colto e ragionato. [...] In realtà il duello montato dai media era quello tra Magic e Bird: Doctor J rappresentava il terzo estremo di un triangolo, diventato però vertice - come detto - nel 1983 grazie a un playoff da 12 vittorie e una sola sconfitta. Fu, quella, l’apoteosi del Dottore, poi schiacciato dall’età e da franchigie più organizzate di Philadelphia. Dettò il suo messaggio, quella notte: “Non sapevo se sarei mai riuscito ad arrivare dove sono oggi, ma l’unica cosa che potevo dirmi era che stavo dando il mio massimo in ogni partita. Questa, alla fine, è sempre stata per me la cosa più importante”» (“La Stampa” 6/2/2005).