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 2005  gennaio 30 Domenica calendario

Spese folli. La spettacolarizzazione della tavola, ovviamente, si riverberò in una ricerca di ingredienti rari e questo fece molto salire il prezzo delle delicatessen più raffinate

Spese folli. La spettacolarizzazione della tavola, ovviamente, si riverberò in una ricerca di ingredienti rari e questo fece molto salire il prezzo delle delicatessen più raffinate. Le cronache raccontano che Apicio pagò, per un triglia fuori misura (pesava circa un chilo e mezzo!), la bellezza di 5000 sesterzi. Pur evitando spericolati cambi con l’euro, per dare un’idea si può ricordare che a Pompei è stato rinvenuto all’interno di un thermopolia, ossia il fast food dell’epoca, un sacchetto con 678 sesterzi. Tanto era l’incasso del giorno di una ben avviata attività commerciale nel centro di una ricca cittadina. E con un sesterzio alla fine del II secolo d.C. si poteva comprare un litro di vino buono. Ora che sappiamo quanto era disposto a spendere per un singolo pesce, non stupisce più di tanto che proprio Apicio si suicidò quando scoprì che il suo patrimonio era di 10 milioni di sesterzi. Un patrimonio immenso ma allo stesso tempo insufficiente a garantirgli il tenore di vita al quale era abituato. Non era comunque l’unico a dovere pagare cifre consistenti per tenere ben piena la dispensa. Molti mantenevano una nave veloce e una ciurma esperta che fosse pronta a partire per andare a buttare le reti lungo la costa nordafricana nella speranza di prede miracolose. Domiziano convocò addirittura alcuni senatori per discutere come fosse meglio cucinare un enorme rombo pescato vicino a Ancona e portato in una vasca d’acqua marina ancora vivo a Roma. Mancava un tegame abbastanza grande per contenerlo, quindi tutti proposero di tagliarlo fino a quando, l’intimidito Montano (con Domiziano era pericoloso sbagliare) sentenziò che per un pesce così maestoso fosse doveroso costruire una pentola adatta. La sua proposta passò all’unanimità. Per mostrarsi raffinati era dunque necessario approvigionarsi di primizie, acquistando lontano da Roma, e questo faceva lievitare ulteriormente i prezzi. I tartufi, quelli migliori, venivano dalla Libia, il vino dalla Campania, alcuni tipi di selvaggina dall’Africa e via spendendo.