da "Lettere dalle case chiuse" a cura di Lina Merlin e Carla Barberis, Edizioni Avanti!, Milano-Roma 1955, 1 febbraio 2005
Figli da mantenere. Egregia Signora Senatrice, da tanto tempo si parla del suo progetto di chiudere le case
Figli da mantenere. Egregia Signora Senatrice, da tanto tempo si parla del suo progetto di chiudere le case. Per fortuna che sono passati mesi e mesi e non si è fatto niente. Dico per fortuna perché io e tante come me, non vorrei proprio che venissero chiuse. Non perché sia contenta di andare ogni giorno con venti trenta uomini che tante volte sono così stanca e con tanta nausea che vorrei sputare in faccia a quelli che mi cercano. Però io ho un figlio di mantenere e devo fare queste cose per forza: il mio bambino è in collegio che non ci dico dove perché lui non deve mai sapere, e costa moltissimi soldi a mantenerlo, però non posso fare altrimenti. Io sono entrata nelle case di mia volontà spontanea, però non sapevo più cosa fare, erano mesi che mangiavo una volta ogni due giorni e nessuno mi dava lavoro e tante volte non potevo andarci io al lavoro perché capivo che mi volevano però non per lavorare. Infine mi sono decisa a mettermi con un uomo però era peggio degli altri e allora sono tornata a cercare di lavorare ma senza trovare niente. Allora sono entrata nelle case: che qui almeno il mangiare è assicurato anche se fanno tante ruberie e tante ingiustizie, e posso mantenere il mio figlio. Oramai ho trentacinque anni e non posso trovarmi ancora in mezzo di una strada e forse morirò presto perché sono malata per adesso leggera ma potrei anche gravarmi. Io dico allora che fino a che può devo rimanere dentro le case e guadagnarmi più soldi che posso. Non è possibile che ricomincio da capo. Lei la prego di non insistere nel suo progetto di far chiudere le case perché rovinerebbe tante come me. Sperando che facci come dico la saluto rispettosamente.