da "Lettere dalle case chiuse" a cura di Lina Merlin e Carla Barberis, Edizioni Avanti!, Milano-Roma 1955, 1 febbraio 2005
Nel 1948 la senatrice socialista Lina Merlin propose di chiudere le case di tolleranza in base a tre articoli (2, 32 e 41) dell’allora recente Costituzione
Nel 1948 la senatrice socialista Lina Merlin propose di chiudere le case di tolleranza in base a tre articoli (2, 32 e 41) dell’allora recente Costituzione. La battaglia in Parlamento durò dieci anni: nel 1958, con la legge Merlin, cessò la ”prostituzione di Stato”. Fino a quel momento, infatti, il ”mestiere più antico del mondo” veniva esercitato in case chiuse legalmente registrate (nel 1958 i bordelli erano 560). Qui le lucciole venivano sottoposte a controlli sanitari periodici e avevano l’obbligo di pagare le tasse sui proventi delle loro prestazioni. Dopo la Seconda guerra mondiale l’Onu stabilì che doveva cessare lo sfruttamento della prostituzione in tutti i Paesi membri e l’Italia dovette adeguarsi. Ma le resistenze furono enormi: oltre al fatto che le prostitute avrebbero esercitato la loro professione per strada e senza controlli, si pensava che con l’abolizione delle case di tolleranza ci sarebbe stata una diffusione incontrollata delle malattie veneree (cosa che in realtà non avvenne). figlia di n.n. Onorevole, sono una di ”quelle” e seguo con interesse quanto Lei vuol fare. Le dirò soltanto perché a 25 anni faccio questa vita. Ho fatto le scuole medie e poi mi sono impiegata. Il mio principale quando ha visto che sull’atto di nascita risultavo, senza mia colpa, figlia di N.N., ha subito preteso di approfittare di me. Il resto va da sé. Ora ritornando alla vita normale, come potrò rifarmi se dappertutto, anche all’affittacamere, dovrò mostrare i miei dati più privati? Perché non cerca di rimediare anche a questo? Perché tutti devono sapere i nostri fatti personali? La ossequio.