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 2005  febbraio 01 Martedì calendario

CAMPORESE

CAMPORESE Omar Bologna 8 maggio 1968. Ex tennista. stato numero diciotto al mondo in singolare e ventisette in doppio, ha vinto due tornei Atp (Rotterdam nel ”91 e Milano nel ”92) e battuto gente come Lendl, Becker, Ivanisevic. Con Canè e Gaudenzi è stato il singolarista della «storica» Davis che tra il ”90 e il ”98 ottenne risultati superiori a ogni aspettativa: debuttò a ventuno anni e giocò trenta partite in azzurro, tra cui due semifinali perse contro Francia e Svezia tra il ”96 e il ”97. Un grave infortunio al gomito nel momento migliore della carriera ne ha impedito la definitiva esplosione. Si è ritirato nel giugno del 2001 • «Con Paolo Canè e Andrea Gaudenzi, è stato il più forte tennista italiano nel difficoltoso dopo-Panatta. Nel 1992, il suo anno migliore, era nei top 20 e portò Becker a un interminabile quinto set agli Australian Open. [...] Becker. Due sfide storiche. ”E ravvicinate. Era il ”91. Ci trovammo in Davis, a Dortmund, una settimana dopo il terzo turno agli Australian Open. In sette giorni abbiamo fatto dieci set. Credo che a Melbourne sia ancora l’incontro più lungo del torneo, 5 ore e 11 minuti. I primi due li persi al tie-break, il terzo lo vinsi 6-0, poi 6-4 per me. Quinto 14-12 per lui. Ho perso facendo più punti di lui, il tennis è strano. In Davis ci fu un mezzo furto. Avevo vinto con Stich e nel doppio con Nargiso, Italia avanti 2 a 1, se vincevo con Becker passavamo noi. Strappai i primi due set, nel terzo stavo 3-2 e palla break per me, lui fece doppio fallo ma ci fu l’overrule. Mi innervosii e persi. Fu la prima volta nella storia che cambiarono un arbitro di sedia. In Davis capitava, all’esordio contro la ex Jugoslavia vidi delle ingiustizie irripetibili. [...] Quando giocavo, gli altri mi temevano. Anche i più forti. In cinque mesi avevo perso tre partite, ero stabilmente tra i più forti. Poi, nel momento più bello della mia carriera, ho avuto un brutto guaio al gomito. Da allora non sono più riuscito a riprendermi, sono stato fermo molto tempo. Quando, nel ”97, ho ricominciato ad andare bene, mi sono strappato i legamenti del piede. Avevo 29 anni, ricominciare per la terza volta mi sembrava troppo. [...] Rispondevo molto bene e servivo molto bene. L’Atp mandava ogni settimana ”Tennis Weekly”, c’erano tutte le statistiche. Nel servizio e nella risposta ero terzo. L’unica pecca che avevo era la mobilità. Ero alto, non riuscivo a muovermi come un brevilineo. [...] Mi ricordo che mi allenavo a Torino e arrivò un megapsicologo americano, molto famoso. Mi aiutò molto, una volta mi disse: ”Se continui così, il mondo del tennis è tuo. Non esiste nessun altro”. Poi è successo quello che è successo. stato il destino, pazienza” [...]» (Andrea Scanzi, ”il manifesto” 30/1/2005).