Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  gennaio 29 Sabato calendario

Lopes Manuel

• Nato a São Vicente (Capo Verde) il 23 dicembre 1907, morto il 25 gennaio 2005. Scrittore. «[...] l’ultimo testimone di una generazione che - in anticipo sullo snodo della negritudine che avrebbe portato le letterature africane all’attenzione del pubblico europeo - cercò, già alla metà degli anni ’30, un affrancamento culturale dall’allora ”madre patria” portoghese e di conseguenza dai vincoli culturali dell’autorità coloniale. Fra le sue opere, tradotte e divulgate nel mondo (ma poco in Italia, dove è possibile leggere i testi di Lopes solo all’interno dell’antologia Africana, edita da Feltrinelli), sono da ricordare, oltre alle poesie, i racconti de O galo cantou na Baia e i romanzi Chuva Braba (1956) e Os flagelados do Vento Leste (1960). Ancora adolescente, Lopes soggiornò a lungo a Coimbra (si collocano in questo periodo i primi versi da lui stesso definiti ”clandestini”) per tornare, imbevuto di letteratura francese a Capo Verde, dove frequentò quel liceo di Mindelo, allora centro culturale dell’arcipelago, in cui si formò l’intellighenzia creola del ’900. Conclusi gli studi, Lopes, optando per quello che sarebbe stato l’abbandono pressoché definitivo dell’universo creolo, si trasferì per undici anni alle Azzorre e poi in Portogallo, dove trascorse il resto della sua vita. Una vita segnata, come egli stesso ebbe a ripetere, da «solitudine e libertà»: la solitudine del capoverdiano, incisa dalla distanza con cui si osservano le cose del mondo, e la libertà del poeta che, pur trattenuto dalle vicende della vita lontano dall’arcipelago, decide di raccontarlo, rivelandone l’essenza più profonda. Nel 1970, lo scrittore torna brevemente a Capo Verde. Il viaggio si rivela, nelle parole dello scrittore, una ”processione nella saudade”, cui seguirono altre esperienze all’interno di due fra le comunità capoverdiane della diaspora: quella nordamericana, nata a fine ’800 fra i balenieri del New England; e quella (più recente, ma altrettanto legata alla cultura del mare) sviluppata nel porto di Rotterdam. Membro (con Jorge Barbosa e Baltasar Lopes) della triade degli scrittori della caboverdianidade, Manuel Lopes fondò, nel 1936, la rivista ”Claridade”, che proseguì le sue pagine con alterne vicende fino al 1960. In essa si concretizzava il manifesto poetico della letteratura capoverdiana moderna, nata all’interno di una generazione ”postcoloniale” negli intenti, se non nella militanza, spesso radicale, che contraddistinse le voci a seguire (e con le quali i poeti di ”Claridade” ingaggiarono fertili ma anche feroci polemiche). Manuel Lopes, lettore onnivoro e indisciplinato, acclimatò nell’isolamento dell’arcipelago la grande letteratura coeva, che circolava a fatica fra le maglie della censura salazarista: primi fra tutti i brasiliani (da Guimarães Rosa agli scrittori nordestini come il primo Jorge Amado), e poi gli americani Faulkner e Steinbeck, i neorealisti italiani, e quel Modernismo che, come nuova linfa, dai caffè di Lisbona arrivava al porto di Mindelo e spalancava nuovi orizzonti alla poesia dei giovani ”caboverdianisti”. Il verso libero, svincolato dall’imitazione degli stilemi lusitani imperanti ma sorpassati, trovava nell’universo eccentrico dell’arcipelago nuova materia. La letteratura di Manuel Lopes e il discorso proposto dalla sua generazione non prescindeva dalle radici, ma anzi, rivitalizzava il patrimonio popolare, le canzoni (mornas scritte in quella lingua creola allora considerata veicolo di possibile sovversione politica), o perfino la riscoperta del rituale sincretico della tabanca, affine al candomblé baiano. Da una raccolta di poesie che Manuel Lopes pubblicò nel 1949 (Poemas de quem ficou), un verso suona come il tenero e consapevole addio di un isolano in perenne navigazione: ”Per ogni nave che mi ha rifiutato / cinquanta partono per me / e il mare è calmo e il cielo azzurro ogni volta che parto. / Piccolo mondo per chi è rimasto...”» (Roberto Francavilla, ”il manifesto” 28/1/2005).