29 gennaio 2005
Tags : Jim. Capaldi
Capaldi Jim
• Nato a Evesham (Gran Bretagna) il 24 agosto 1944, morto a Londra (Gran Bretagna) il 28 gennaio 2005. Batterista. Dei Traffic. «[...] la rock band che aveva fondato nel 1967 a Birmingham insieme a Steve Winwood, Dave Mason e Chris Wood (morto nel 1983). [...] era a suo modo un evergreen, anche se rimasto nella retroguardia dopo lo scioglimento della band, nel 1974: undici album e successi memorabili, come 40.000 headmen, Dear Mr. Fantasy, Paper sun e John Barleycorn must die, ancora considerato una pietra miliare. E, come molti artisti della sua generazione, Capaldi continuava a vivere dignitosamente di rock, anche se all´ombra di Steve Winwood, il cantante che, come sempre succede negli scioglimenti, più degli altri aveva beneficiato della popolarità del gruppo base. Negli ultimi anni, Capaldi aveva perso lo smalto dei primi album come solista, quando riuscì a scalare la classifica inglese con Love hurts, ripresa di un classico di Roy Orbison, inclusa nel suo terzo Short cut drew blood, il suo migliore. Ma non aveva mai abbandonato la scena, pubblicando 15 dischi dal 1972 [...] e producendo nel decennio 1978-1988 una lunga serie de tournée con il suo nuovo gruppo, The Contenders. [...] Living on the outside, pubblicato nel 2001 (ristampato due anni dopo con alcuni aggiustamenti) e realizzato con la collaborazione di George Harrison, Paul Weller, Steve Winwood e Gary Moore, era stato ben accolto dalla critica e aveva ridato entusiasmo all’artista, che nel marzo 2004 era stato introdotto nella Rock & Roll Hall of Fame insieme ai Traffic. Quella sera, durante la cerimonia al Waldorf-Astoria di New York, aveva rivelato di essere stato proprio lui ad aver inventato, nel 1965, il nome per l’eventuale band di cui avrebbe fatto parte. Per quasi un decennio i Traffic sono rimasti uno dei gruppi guida del rock inglese post-Beatles, e nel 1993 tentarono una reunion che produsse un tour americano di cinque mesi e un’apparizione alla seconda edizione di Woodstock. [...]» (Giuseppe Videtti, ”la Repubblica” 29/1/2005).