Ennio Caretto, Corriere della Sera 13/12/2005, 13 dicembre 2005
Rane ibernate. Le rane boschive delle foreste del Nordamerica, lunghe cinque centimetri, hanno una caratteristica eccezionale: a temperature sotto zero si congelano, restano in ibernazione anche per mesi e col caldo ”rinascono” nel giro di poche ore
Rane ibernate. Le rane boschive delle foreste del Nordamerica, lunghe cinque centimetri, hanno una caratteristica eccezionale: a temperature sotto zero si congelano, restano in ibernazione anche per mesi e col caldo ”rinascono” nel giro di poche ore. Il processo è semplice: il ghiaccio si forma prima sotto la pelle, poi penetra nelle arterie e nelle vene e ferma – ma non distrugge – il cuore e il cervello. Non li distrugge perché le cellule delle rane boschive si proteggono con un anticongelante naturale. Spiega Jack Lynn della università di Slippery Rock in Pennsylvania: – Diventa ghiaccio quel 65 per cento del corpo della rana che consiste d’acqua. Ma prima che arrivi il freddo, la rana accumula un’enorme quantità di lipidi nel fegato, e lo trasforma in glucosio. Esso mantiene le cellule a una temperatura normale”. Altri animali si difendono dal gelo in modo analogo, i bruchi e la piccola tartaruga verde. Ma perdono questa capacità invecchiando, mentre le rane boschive la mantengono. La rana, durante i mesi di ibernazione, ha la forma di un blocco di ghiaccio, è bluastra, gli arti e la testa sono tutti storti, gli occhi di un bianco spettrale. Difficile trovarle, perché si nascono sottoterra. Ma gli scienziati sono ben intenzionati a studiarle per le possibili applicazioni sull’uomo. "Se riuscissimo a fare come le rane boschive", dice John Costanzo dell’Università di Miami nell’Ohio, "si aprirebbero nuove fontiere". Ad esempio si potrebbero trapiantare organi dopo settimane o mesi, si potrebbe fermare un cervello colpito da ictus o un cuore infartuato e operare su di essi e poi ”resuscitare” i pazienti, eccetera.