27 gennaio 2005
Tags : Juraj. Jakubisko
Jakubisko Juraj
• Nato a Kojsov (Slovacchia) il 30 aprile 1938. Regista. «Un film di Jurai Jakubisko si può riconoscere anche da una sola inquadratura è il movimento a renderlo unico, una sorta di vento che scuote gli alberi, un solco che avanza, lunghi capelli al vento: è il versante campestre della nova vlna cecoslovacca, la messa in scena del senso panico della religione, dalla sensualità traboccante [...] Quanto i suoi colleghi praghesi erano metropolitani e piazzavano le camere in cima ai palazzi per assaporare tutta la poesia delle ciminiere, o (in casi del tutto eccezionali) erano in preda a oscuri tormenti morali, lui, proveniente dalla Slovacchia orientale, da un paesino di greco cattolico, amava certo più le fiabe che le acide battute di spirito dei cittadini. Racconta di essersi trovato per caso alla classe di regia della Famu, la scuola di cinema di Praga poiché, proveniente dalle arti figurative, avrebbe preferito dedicarsi alla fotografia. anche l’unico ad essersi dichiarato contrario alla divisione del paese, e ormai da tempo è praghese d’adozione.[...] i suoi film, da Gli anni di Cristo (’67), Disertori e nomadi (’68), Uccelli, orfani e pazzi (’69), ormai classici del cinema per essere stati tra i primi ad esprimere nuove tematiche che negli anni sessanta fecero il giro dei festival ed arrivarono perfino sui nostri schermi grazie a Morris Ergas: era un cinema che dialogava con le nouvelles vagues, ma esprimeva uno stile personale. La sua sperimentazione è stata diretta fin da subito all’uso grafico dell’immagine, al bilanciamento dei bianchi e neri nell’inquadratura, alla messa in scena di tematiche che svilupperà nel corso degli anni, come ad esempio una sorta di liberazione sessuale, di anarchia programmatica, di ”realismo magico” che non si applica soltanto alla fantasia sudamericana ma fa parte anche di questo surrealismo mitteleuropeo. Ecco perché si può tracciare una linea che unisce Jakubisko, Fellini e Kusturica, non solo teoricamente, ma anche emotivamente, legati da fraterna amicizia o ammirazione, con filmofgrafie che si intrecciano: Giulietta Masina è Frau Holle di Jakubisko, Capannelle è interprete folgorante (insieme a Nino Besozzi) di Arrivederci all’inferno, ragazzi! di Jakubisko, il suo film supercensurato, l’ultimo film di Kusturica La vita è un miracolo è pieno di citazioni di entrambi, Fellini nell’intimo, e dichiaratamente Arrivederci all’inferno, ragazzi! che ha per di più lo stesso protagonista principale, un somaro che, inteso come animale, è scomparso dalla società contemporanea, ma che si farebbe bene a ricordare. [...] ”[...] Mi ricordo quando Fellini fece vedere La voce della luna. Tutti erano indignati perché il grande maestro faceva un film sull’ecologia. Invece dimostrava la sua giovinezza, con quel film anticipava la sua epoca. Anch’io provo a fare qualcosa del genere. [...] Fin dai tempi di Da qui all’eternità dove Montgomery Clift suona la tromba o I giovani arrabbiati dove la suona Richard Burton, sono rimasto folgorato e sono diventato uno dei massimi esperti di blues [...]” [...]» (Silvana Silvestri, ”il manifesto” 26/1/2005).