L’Indipendente, 16/01/2005, 16 gennaio 2005
Dopo la Seconda guerra mondiale, il laboratorio che aveva ridato i colori della vita a Lenin si trasformò in una vera e propria internazionale dell’imbalsamazione: i segretari dei più importanti partiti comunisti dovevano sopravvivere
Dopo la Seconda guerra mondiale, il laboratorio che aveva ridato i colori della vita a Lenin si trasformò in una vera e propria internazionale dell’imbalsamazione: i segretari dei più importanti partiti comunisti dovevano sopravvivere. A aprire le danze nel 1949 fu Georgij Dimitrov, il capo del partito comunista bulgaro. A Sofia i dirigenti bulgari gli avevano preparato nella piazza centrale della città un mausoleo bianco di forma rettangolare. Lo seppellirono nel 1990. Nel 1952 fu la volta del dittatore mongolo Choybalsan, noto anche come capo dell’Unione dei pastori ribelli. Dopo poco tempo, il Cremlino dispose che venisse sigillato nella cripta del suo mausoleo. Il capo del partito comunista ceco Klement Gottwald, morto nel 1953 per la polmonite presa ai funerali di Stalin, rimase imbalsamato per tre anni. Con la destalinizzazione guadagnò la sepoltura. Nel 1969 fu la volta di Ho Chi Minh, il leader del Vietnam del Nord. Alla fine degli anni Settanta, gli scienziati si occuparono anche di Agostinho Neto, il presidente dell’Angola. A complicare le cose, oltre al colore scuro della pelle e al grande caldo, ci si misero pure gli oppositori del regime, che tagliarono il cavo di alimentazione della climatizzazione. Neto fu salvato in extremis grazie a una fabbrica di sorbetti, da cui venne requisito il ghiaccio. Nel dicembre 1992 fu inumato.