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 2005  gennaio 26 Mercoledì calendario

Orbo veggente. Caro compagno, [...], dopo aver respinto con severa fermezza ogni tentativo di seduzioni ambigue, dopo avere osservata intiera la lealtà del mio consenso, dopo aver fugato o disciolto più di un’ombra grave - anche fuori d’Italia - senza escir mai dall’eleganza del mio riserbo, io col mio acume di «Orbo Veggente» scorgo indizii di diffidenza, indizii di singolari precauzioni, da parte tua e de’ tuoi servitori, contro me che nel mondo non posso esser rivale ed emulo se non di me stesso

Orbo veggente. Caro compagno, [...], dopo aver respinto con severa fermezza ogni tentativo di seduzioni ambigue, dopo avere osservata intiera la lealtà del mio consenso, dopo aver fugato o disciolto più di un’ombra grave - anche fuori d’Italia - senza escir mai dall’eleganza del mio riserbo, io col mio acume di «Orbo Veggente» scorgo indizii di diffidenza, indizii di singolari precauzioni, da parte tua e de’ tuoi servitori, contro me che nel mondo non posso esser rivale ed emulo se non di me stesso. La tua amicizia è schietta? La tua fiducia è immacolata? Credi o non credi alla purità della mia silenziosa opera afforzatrice della tua opera? [...]. Ora mi chiedo con qual cuore tu possa favorire l’apparente smemoratezza degli Italiani verso quel che io ho compiuto. L’unanimità di certi silenzii stupefacenti rivela l’obbedienza a un ordine preciso. In Africa, non esiste il poeta profetico delle Gesta d’Oltremare, per esempio. In patria non esiste il creatore fiumano delle Corporazioni; non esiste il rinnovatore del grido, del gesto, d’ogni maschio rito; non esiste l’inventore di certi ritmi oratorii, di certe cadenze possenti, di certe interrogazioni trascinanti. possibile che il Ministro (dell’Economia nazionale, ndr) Belluzzo parli di Corporazioni in Fiume, senza accennare neppur di lontano alla mia mirabile esperienza! Sarà possibile che domani Luigi Federzoni [ministro dell’Interno, ndr] in Fiume, dinanzi a un nuovo Leone murato, dimentichi quello dei Veneti nuovi da me murato e il mio raggiante discorso «La riscossa dei Leoni» dove la sola perorazione ha la possa d’un assalto e la profondità d’un presagio! [...]. D’Annunzio Il Vittoriale, 27 agosto 1926