Lettere estratte dal Carteggio D’Annunzio-Mussolini a cura di Renzo De Felice e Emilio Mariano, Mondadori, Milano 1971, 26 gennaio 2005
Una grandissima italiana. Mio caro compagno, credo nel tuo dolore verace per la morte di una grandissima Italiana (Eleonora Duse) che, non avendo mai avuto pace nella vita, non ebbe pace neppure nell’agonia
Una grandissima italiana. Mio caro compagno, credo nel tuo dolore verace per la morte di una grandissima Italiana (Eleonora Duse) che, non avendo mai avuto pace nella vita, non ebbe pace neppure nell’agonia. Ci siamo abbracciati, per un’ombra; e ora conviene che ci diciamo addio, senza rimedio. [...]. Gli uomini stamani mi forzano ancora a giudicare la «beffa marina» (il Patto Marino voluto da D’Annunzio venne cambiato, ndr). Se tu sai tutto, se nulla ti fu nascosto, puoi anche tu giudicarla, scendendo incoronato dal Campidoglio. Fui tratto di inganno in inganno, di frode in frode, d’ipocrisia in ipocrisia, per due anni, quasi. Fu simulata la firma del Patto Marino; e nessuna applicazione, nessuna conciliazione, nessuna pacificazione fu compiuta. E, nelle recenti settimane, io volli tentare - con abbondanza d’ingenuo amore - l’ultimo sforzo. Basta. Rimani dall’altra parte. Io resto di qua. E tu sai - come il mondo intiero sa - che io ho nel mio cuore e nel mio cervello ogni specie di coraggio. M’avevi promesso la tregua; l’avevi promessa alla mia arte, che è pur bella ed eterna come una collina, come un fiume, come un lago, come un orizzonte d’Italia. M’imponi la lotta. Ma tutto ricada su te, anche il sangue. Ci siamo abbracciati dinanzi a un sepolcro aperto. Ci diciamo addio, dinanzi all’orribile ilarità degli sghignazzatori. D’Annunzio. 23 aprile 1924