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 2005  gennaio 26 Mercoledì calendario

Io sono il solo conduttore di me stesso. Mio caro compagno, il tuo telegramma ha quel tono singolare che forse è fondamentale nel «fascismo» ma che resta interamente estraneo alla mia vita interiore

Io sono il solo conduttore di me stesso. Mio caro compagno, il tuo telegramma ha quel tono singolare che forse è fondamentale nel «fascismo» ma che resta interamente estraneo alla mia vita interiore. Anche tu ignori fino a qual punto sia affinata la mia sagacità, e fino a quale altezza sia giunta la mia libertà mentale. Infatti mi parli di «categorie», che era meglio lasciare tra le innumerevoli malignità dei gazzettieri o di certi eroi immemori che la vanità rende ciarlieri. Nessuno può influire - di alcun sesso - sopra la minima delle mie opinioni e delle mie risoluzioni. Fin dalla nascita, io sono il solo conduttore di me stesso. Un esempio eroico della mia volontà invincibile e indecomponibile porta la data del dicembre 1919, quando solo salvai il confine giulio. [...]. Accogli nel tuo animo, per sempre, queste parole sincere. E risparmiami l’offesa del sospetto, della diffidenza, dell’incertezza. E cerca di liberarti, tu, dei partigiani che ti falsano o ti deviano. Respingi da te coloro che, per esempio, nelle Marche conducono la più tetra reazione contro gli uomini della trincea e nella Puglia avversano poliziescamente ogni forma di spiritualità - ohibò! - dannunziana. Ma, nel movimento detto «fascista», il meglio non è generato dal mio spirito? [...]. Come posso io dunque essere il tuo avversario? e come dunque puoi tu essere il mio? [...]. E, poiché sei un buon cristiano, soffri ch’io termini con le parole del discepolo prediletto: «Et haec est victoria quae vincit mundum, fides nostra». Il tuo D’Annunzio Romitorio di Cargnacco, 9 gennaio 1923