Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  gennaio 26 Mercoledì calendario

BARTOSZEWSKI Wladyslaw Varsavia (Polonia) 19 febbraio 1922. Storico. Editore. Giornalista. Politico

BARTOSZEWSKI Wladyslaw Varsavia (Polonia) 19 febbraio 1922. Storico. Editore. Giornalista. Politico. Ambasciatore e ministro degli Esteri della nuova Polonia negli anni Novanta • « stato fra i primi ad essere deportato ad Auschwitz, nel campo d’internamento che sarebbe diventato il simbolo dell’Olocausto [...] aveva solo 18 anni e quella terribile esperienza, durata qualche mese, lo trasformò in un giovane leader della resistenza cattolica polacca e in un grande difensore degli ebrei. Tramite l’organizzazione clandestina ”Zegota” ne mise in salvo più di quattromila, di cui la metà bambini. La sua vita è un romanzo mozzafiato: dopo aver lottato contro il nazismo è stato perseguitato dal regime comunista e incarcerato più volte (l’ultima nel 1981, come attivista di Solidarnosc).[...] ha attraversato il secolo degli orrori come un eroe senza fanfare. [...] presidente del Comitato internazionale del museo di Auschwitz ed è stato uno dei primi polacchi ad essere insignito del titolo di ”Giusto fra le Nazioni” ed a ricevere la cittadinanza onoraria d’Israele [...] ”Non tutti sanno che il terrore nazista contro i polacchi è iniziato prima dell’Olocausto del popolo ebreo. Nel 1940, nell’ambito dell’operazione AB, Aussenordentilch Befriedung (pacificazione straordinaria) decisa a Berlino, l’esercito tedesco cominciò i rastrellamenti tra la popolazione polacca compresa fra i 16 e i 60 anni. Avevano di mira soprattutto i cattolici: preti, insegnanti, studenti, giornalisti, politici, tutti coloro cioè che potevano avere un influsso sulla società. Venni arrestato e senza alcun interrogatorio fui deportato nel campo di concentramento di Auschwitz. Capii di essere un prigioniero politico dal numero che porto ancora oggi, 442 7 [...] Mi sembrò d’essere precipitato in un girone dell’inferno dantesco. Nel 1940 Auschwitz non era ancora un campo di sterminio, la decisione d’annientare il popolo ebreo venne presa più tardi. Ma non era una semplice prigione. Venivamo picchiati, torturati, costretti a lavorare in condizioni disumane. La maggior parte dei prigionieri moriva dopo due, tre mesi. Io ero giovane, il mio fisico ha resistito. Ed ho avuto la fortuna di essere liberato per intervento della Croce rossa Internazionale di Ginevra [...] la mia famiglia era cattolica e liberale, avevo molti amici tra gli ebrei. Non li ho mai considerati dei diversi. Ed avendo sperimentato i metodi dei nazisti sapevo benissimo quale destino stavano preparando per tutti gli ebrei. Lo sapevo, lo sapevamo in tanti. Un giorno il mio confessore mi disse: se Dio ti ha tirato fuori da Auschwitz significa che ha un un piano su di te. Hai visto in faccia l’orrore, devi combatterlo cercando di salvare chi non ha nessuna difesa. Così sono diventato il più giovane fondatore di Zegota, l’organizzazione clandestina d’aiuto agli ebrei [...] avevo una paura tremenda! Ma quando si ha vent’anni l’incoscienza e l’ambizione sono la stessa cosa. E da buon cattolico non potevo certo disobbedire al mio padre spirituale. Ed anche una famosa scrittrice dell’epoca, Zofia Kosak, mi domandò di collaborare per mettere in salvo dei bambini ebrei. Non potevo rifiutare” [...]» (Luigi Geninazzi, ”Avvenire” 25/1/2005).