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 2005  gennaio 23 Domenica calendario

BRANCIAROLI

BRANCIAROLI Franco Milano 27 maggio 1948. Attore • «[...] uno degli ultimi mattatori della scena teatrale italiana. Uno, per intendersi, che vale la pena di vedere anche solo per 15 minuti perché si sa già che saranno unici. Attore simbolo di Testori, irruente interprete per Ronconi, autore teatrale egli stesso [...]» (Angela Calvini, ”Avvenire” 21/7/2006) • «[...] Il teatro è un’ingegneria di parole, è inoltrarsi in un testo e fare i conti con esse [...] I temi che possono dare frutti drammatici sono pochi, non è vero che tutto quello che accade nella vita può diventare teatro. Savinio diceva che perché ci sia dramma ci vuole di riffa o di raffa Dio, se no è rissa [...] Io penso che l’attore è quello che nella vita recita meno: si sfoga sul palcoscenico poi fuori se ne purifica [...] cinema, lì devi stare attento, è molto più stressante, devi immedesimarti. Sullo schermo le patologie aumentano, non sono solo parole, metti la faccia: e con quella non te la cavi» (Cristina Caccia, ”La Stampa” 22/1/2005) • «’La mia generazione era jeans e rock. Dopo mezzo secolo siamo allo stesso punto. Anche il teatro di moda oggi è rock, mai cresciuto”. Non si fa pregare a dire quel che pensa, Franco Branciaroli, attore grande e abbastanza maledetto da poterselo evidentemente permettere. [...] ”Sono sempre stati gli altri a scegliere me, non cercavo, neppure da giovane, il pigmalione. Ognuno di questi maestri, sì nel suo genere Tinto lo era, vedeva in me quel che gli serviva. In quel momento”. Un satanasso par suo, per Carmelo Bene; un giocatore del sesso, per Brass... Continua lui: ”Un ”unto’, un predestinato per Testori, travagliato quanto basta per i suoi personaggi; un ”artista’ – come mi definì una volta – per Luca Ronconi, il regista più grande che abbiamo. Speriamo che ci resti, perché non ne vedo altri, né i Latella né i Delbono né Raffaello Sanzio. Nessuna emozione. Chi studierà il teatro di questi anni, dovrà mettersi i guanti: escrementi e sperma non mancano mai”. Non che mancassero in certi drammi di Testori... ”Ma la parola era alta, altissima, tutto”. [...] Sicuro, tranquillo, anche nella provocazione. E con i colleghi come sono i rapporti? ”Ottimi. Ne ammiro anche. Popolizio, ad esempio: nei Due gemelli veneziani mi commosse. Gli dissi: Poppi, io non saprei farlo. Mai litigato neppure con un regista, e me ne son capitati di incompetenti: ma, pensavo, ciò sarà tanto più evidente quanto più eseguirò i loro dettami! Così è stato... [...] ”Credo che la vera qualità di un attore sia l’ubbidienza”» (Claudia Provvedini, ”Corriere della Sera” 23/10/2006) • «[...] Sono fortunato perché lavoro. Ho una compagnia mia e non ho l’angoscia di tanti miei coetanei. Che molti attori di 60 anni vivano nell’incertezza è un atto d’accusa verso i teatri pubblici, che non hanno compagnie stabili. Che cos’è un teatro senza attori? E poi, se perdi gli appoggi, non conti più niente. La colpa di ciò? Del ”68. Oggi puoi dire che Harry Potter è come Antigone. Questa nefasta visione del mondo ha distrutto anche il teatro. Il teatro è un’arte relativa. La mancanza del principio d’autorità, nata col ”68, ha portato il teatro ad autodistruggersi. Non si sa più che cosa sia un attore, un regista. C’è stato un periodo in cui bastava fumare una sigaretta in scena per credersi attore. Non scherziamo. Luci di speranza? L’unica luce è che vai in scena. Io applico ancora il principio di autorità e spero di essere un punto di riferimento. Ecco perché dirigerei volentieri uno Stabile. Tutto ciò che è struttura portante è urgente che venga diretta da gente che sa il fatto suo, non dai sociologi o dai politici. Ormai la classe dirigente teatrale ha fallito. E nella classe dirigente metto anche gli artisti che hanno il potere» (Osvaldo Guerrieri, ”La Stampa” 14/3/2007).