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 2005  gennaio 22 Sabato calendario

Soto JesusRafael

• Nato a Ciudad Bolivar (Venezuela) il 5 giugno 1923, morto a Parigi (Francia) il 21 gennaio 2005. Artista. « stato tra i primi a far entrare lo spettatore direttamente al centro (quello energetico) dell’opera. [...] Il suo primo ”spazio penetrabile” è del 1953 quando ebbe l’intuizione di sfalsare la forma dal suo sfondo (plexigras trasparente), poi si farà più ardito e creerà strutture intrecciate nei fili di nylon, pronte a vibrare al movimento naturale del visitatore, producendo un effetto percettivo straniante. Dopo un inizio figurativo sotto l’egida di un Cézanne amatissimo, Soto si interessò alle scoperte del Cubismo e attraverso questa avanguardia giunse all’astrazione geometrica. Nato nel 1923 a Ciudad Bolívar (Venezuela), dopo gli studi alla Scuola di arti plastiche e applicate di Caracas, divenne direttore della scuola artistica di Maracaibo. Negli anni Cinquanta scelse Parigi come città d’elezione ma continuò a tornare nel suo paese regolarmente tanto da inaugurare - era il 1970 - nella sua città (Bolivar), un museo dedicato al contemporaneo con importanti opere provenienti dalla sua stessa collezione (anche europea) e pitture, sculture, installazioni del movimento optical e del concretismo. Nel 1955, insieme a Agam, Tinguely e Pol Bury formulò i principi dell’arte cinetica, trasformandoli direttamente in installazioni spazio-virtuali. Anni dopo, quei ”pezzi” di mondo dinamico verranno integrati con l’architettura, nella Hall della fabbrica Renault di Boulogne-Billacourt (1975), nel Volume virtuale presente al Centro Pompidou di Parigi ma anche ai Giochi Olimpici di Seul. Attratto dalla possibilità di de-materializzazione delle cose e dalla continua mutazione del mondo, Soto iniziò a costruire un nuovo alfabeto dell’arte che prendeva le mosse dal Manifesto di Gabo e Pevsner. Era in buona compagnia: Calder lanciava dai soffitti dei musei i suoi ”mobiles”, Tinguely assemblava le sue meravigliose ”macchine inutili” con ferraglie giocose in movimento perenne e Soto cercava gli elementi di instabilità della percezione, aiutandosi con il linguaggio della musica. Gli elementi utilizzati per le sue strutture hanno tutti la medesima caratteristica: leggerezza e assoluta ambiguità di ”presenza”, sono in bilico tra l’esserci e l’invisibilità. Avvicinarsi ai ”cubi” magici di Jesús Rafael Soto - spesso attraversandoli - divenne un’esperienza totale, che chiamava in campo i valori tattili, sonori e percettivi ma anche la saldezza di equilibrio dell’individuo. Uno spiazzamento mentale che si vive ancora oggi ogni qualvolta ci si pone sotto a una cascata di strisce in nylon o l’occhio si incanta sulle vibrazioni di improvvise masse di colore che dislocano lo spazio. Negli ultimi anni l’artista si era concentrato sugli studi cromatici, era ripartito dai principi di Kandinskij e Mondrian e aveva proposto una serie di strutture che visualizzassero il dinamismo semplicemente con tocchi di rosso o nero, metamorfosi dell’effimero guardare, pure energie in libertà» (Arianna Di Genova, ”il manifesto” 21/1/2005).