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 2005  gennaio 20 Giovedì calendario

CONTI

CONTI Paolo Riccione (Forlì) 1 aprile 1950. Ex calciatore. Portiere. Sette presenze in nazionale. Poi procuratore • «[...] giocava nella Roma, era nel pieno della sua carriera, soltanto due anni prima, per il Mondiale d’Argentina, con l’Italia di Bearzot splendida e sfortunata quarta, aveva fatto da riserva a Dino Zoff. [...] si presentò all’allenamento con la gioia di sempre: ”Stavo recuperando da un infortunio, un problema al tendine rotuleo [...]”. Un gruppo di tifosi era lì, ad attenderlo. Facce da agguato: ”Sei anche tu un venduto, vergognati!”. Il quotidiano ”La Notte”, a firma Emilio Albertario, non aveva dubbi: anche Paolo Conti faceva parte della colonna infame, dei calciatori coinvolti nel Totonero. ”Io a urlare che non era vero niente, tutto falso, ma il clima, in quei giorni, era da caccia alle streghe. Per me fu una mazzata. Giocai tre partite, subendo nove gol. Addio nazionale, addio Europei e addio anche alla Roma. A fine stagione, dopo sette anni in giallorosso, venni ceduto al Verona. Continuavo a chiedermi, come in un delirio: perché proprio a me? A me che ai giovani ripetevo: non fidatevi di certa gente, non accettate regali e inviti strani.Mi chiamavano il ’moralista’. E, invece, eccomi nei panni del mostro”. Vent’anni con quel tarlo, con quella macchia. Vent’anni per cercare di dimenticare: ”Dopo Verona, due campionati alla Sampdoria, uno al Bari in C1, quindi il finale di carriera alla Fiorentina, quattro stagioni da dodicesimo. A trentotto anni, dico basta con il pallone. Devo reinventarmi una vita. Rifiuto l’ipotesi di allenare. L’allenatore è un uomo solo, tormentato. Un uomo eternamente in bilico [...] Lavoro in un’azienda di articoli sportivi. Dopo un anno e mezzo, però, decido di ritornare nel giro, da procuratore [...] Sono stato il primo ad avere un procuratore, Bottai, commercialista romano. E fece scandalo una mia intervista al ’Messaggero’: ’Per una lira in più lascerei la Roma’. Non voleva essere un tradimento. Volevo soltanto dire: attenti, il pallone sta cambiando” [...] Vent’anni. Una vita. Per sentirsi dire: ”Aveva ragione”. E in più per i danni morali, 22 milioni [...] ”Non ho mai sentito quel giornalista. Mai una telefonata, mai un semplice cenno di scusa. Accendevo la radio e ascoltavo la sua voce: serena, tranquilla. Ma non si è mai chiesto cosa sono stati, per me, vent’anni di attesa?” [...]» (Darwin Pastorin, ”Sette” n. 49/1999).