Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  gennaio 20 Giovedì calendario

Lendl Ivan

• Ostrava (Slovacchia) 7 marzo 1960. Ex tennista. Vinse otto tornei dello Slam: 1984 Roland Garros, 1985 Us Open, 1986 Us Open e Roland Garros, 1987 Us Open e Roland Garros, 1989 Australian Open, 1990 Australian Open. Grande rivale di John McEnroe. Ha scritto Gianni Clerici: «[...] Gli incontri tra i due sono riedizioni dei grandi classici tra Attaccante e Difensore, Cochet-Tilden, Laver-Rosewall. Ma il gioco è accelerato, grazie anche ai nuovi materiali delle racchette e poi, via, non possiamo certo definire Ivan un regolarista, un grande pallettaro. Attaccante cieco negli anni giovanili, Ivan si è allontanato fisicamente dalla rete per una serie di considerazioni tecniche e per l’indiretta, profonda influenza di Borg. Ma l’istinto aggressivo è rimasto, mentre è andata scemando la nativa qualità dei regolaristi, la pazienza. Ivan è ormai uno che mira a fare il punto, anche quando è costretto ad attendere. Dissimile, in questo, da Vilas e anche da Borg, capaci di palleggi di puro logoramento. [...] Potenza e leve avvantaggiano Ivan sui rimbalzi. Sarà lui, quindi, il favorito sul rosso e su certe moquette morbide. Match pari sul cemento, netto vantaggio di Mac sui prati [...] Per due tipi tanto egocentrici, tesi sovente ai limiti dell’isteria, conta poi molto l’equilibrio interiore che precede il match. La pace, Ivan aveva rischiato di smarrirla decidendo di stabilirsi molto lontano dalla nativa Ostrava, a Greenwich, nel Connecticut. Non era stata, la sua, una decisione definitiva e clamorosa, come quella della Navratilova, che aveva abbandonato il suo paese per trovarne uno nuovo, gli Stati Uniti. Probabilmente spinto dalle stesse motivazioni di Martina, Ivan non le aveva rese pubbliche, e continuava a viaggiare col passaporto cieco e a giocare, in Davis, per la Cecoslovacchia, seppure con mediocri risultati. Erano, questi rovesci, una spia della lacerazione interiore, che stampa e pubblico americano non cessavano di acuire. Agli yankee, infatti, quel tipo forzutissimo, non meno serioso di Buster Keaton, che si smarriva nelle finali dello Slam, non piaceva proprio. Ignari di Schweijck, arrivarono a chiamarlo “Chicken”. Pollo, il che, negli States equivale a coniglio, e insomma a vigliacco [...] Se, sbarazzandosi di Mac, Lendl aveva creduto di correre libero e felice, inseguito da Wilander, due nuovi pretendenti si affacciavano alle ribalte, soprattutto a quelle verdi [...] Boris Becker e Stefan Edberg [...] Ivan era ormai riuscito a costruire, intorno all’animus fragile degli inizi, una nuova corrazza. Aveva, innanzitutto, risolto l’angoscioso rapporto con la propria federazione, e i gerarchi cechi [...] sulla media dei risultati, e anche per le duecentosettanta settimane da N. 1 del computer, non ci sono dubbi che sia stato Lendl il trait d’union tra autentici fenomeni quali McEnroe e Sampras [...]» (Gianni Clerici, 500 anni di tennis, Mondadori 2004).