L’Indipendente, 12/09/2004, 12 settembre 2004
Cosa abbiamo conquistato. La Libia al momento dello sbarco è un paese semiprimitivo, in cui casupole di terra o baracche costituiscono gli edifici pubblici, non esistono ospedali moderni e, oltre a quelli costruiti dagli antichi romani, non ci sono altri pozzi
Cosa abbiamo conquistato. La Libia al momento dello sbarco è un paese semiprimitivo, in cui casupole di terra o baracche costituiscono gli edifici pubblici, non esistono ospedali moderni e, oltre a quelli costruiti dagli antichi romani, non ci sono altri pozzi. Notano, tuttavia, alcuni viaggiatori che le condizioni di povertà osservate non si discostano molto da quelle di alcune zone dell’Italia meridionale. Piuttosto moderna, invece, l’organizzazione amministrativa, nonostante gli elementi di arretratezza dovuti anche alla presenza di molte popolazioni nomadi del deserto difficilmente inglobabili in un sistema stanziale. Dai dati raccolti nel 1861 pochissime sono a quell’epoca, tra quelle residenti a Tripoli, le famiglie veramente italiane. Vent’anni più tardi [1881] la comunità italiana viene stimata attorno alle 600 unità, per lo più ebrei che gestiscono importanti case commerciali, accanto a cittadini dei ceti più umili: parrucchieri, fabbri, operai. I traffici e le scuole rappresentano le attività principali svolte dalla nostra piccola comunità, che conduce una vita dignitosa. Ma in generale, sia prima che dopo la conquista, si contano pochissimi nostri connazionali in terra africana. Nel 1911 il numero di anime sale a 1000, ma solo pochi riescono a formarsi una solida posizione a causa dell’insufficienza di capitali da investire, un problema che caratterizza tutte le nostre colonie. Le condizioni di vita della comunità italiana migliorano notevolmente dopo la conquista, con l’arrivo della nomenklatura: i bagni di mare di giorno e la mondanità dei caffè e dei ristoranti di prim’ordine, molto diffusi a Tripoli, di sera, fanno da cornice alle attività avviate in colonia e stridono con lo stato di sopravvivenza delle popolazioni locali. I libici vivono ammassati nei campi di raccolta o accampati alle porte delle città e vengono definiti senza vergogna ”accozzaglia barbarica” di creature crudeli, avare, ignoranti e fanatiche. Agli indigeni viene riconosciuta solo la virtù dell’ospitalità.