varie, 19 gennaio 2005
Tags : Donald Young
Young Donald
• Chicago (Stati Uniti) 23 luglio 1989. Tennista • «[...] uno di quei ragazzini con i genitori a modo, due discreti tennisti semiprofessionisti, che un giorno dichiararono: ”Non forzeremo mai nostro figlio a seguire i nostri passi. Sceglierà lui a che sport dedicarsi, in totale libertà”. Ilona Young, la madre, ha dunque atteso pazientemente che il piccolo Donald compisse 2 anni, per regalargli una racchetta fiammante. Da allora, Donald, non ha più smesso di giocarci. [...] considerato uno dei più grandi fenomeni (potenziali) che il tennis americano abbia mai avuto. Il primo ad accorgersene è un tale, John McEnroe. Il moccioso aveva 10 anni appena, John passava da Chicago per un match del Senior Tour, e cercava qualcuno con cui scambiare due colpi di riscaldamento. Quando gli misero di fronte un gracile raccattapalle con in testa un cappellino infilato di traverso, John pensò a un scherzo. Quando il figliolo gli rovesciò sul campo una volée a filo di riga, pensò a uno scherzo di pessimo gusto. ” probabile che questa frase l’abbiate sentita un sacco di volte, a proposito di ragazzini con buon talento - spiega McEnroe -, ma stavolta non esagero: Young è un fenomeno assoluto. Ha un tocco di palla magico. Una creatività molto speciale per la sua età. Vedrete che ho ragione”. Ed in più ha due qualità non da sottovalutare, per il mondo del tennis: è afro-americano ed è mancino. Gary Swain, lo stesso agente di McEnroe, lo ha messo subito sotto contratto con la Img. Ora due ricchi sponsor di abbigliamento e racchette, lo foraggiano per andare in giro per il mondo e prendere a colpi in faccia i suoi avversari. Impensabile appena qualche anno fa, quando Donald era ancora soltanto un piccolo fenomeno locale dalle parti di Chicago. Andava alla scuola pubblica e palleggiava coi genitori, strapazzando avversari di medio calibro. stato il marketing e il salario modesto dei genitori a spingerlo, appena compiuti i 14 anni, a diventare professionista, a traslocare con la famiglia ad Atlanta, dove esiste un vero centro federale, e a fare la spola con la Florida dove può frequentare le meglio accademie del pianeta. Tra cui quella del celebre Nick Bollettieri. Che lo ha visto per quindici minuti e lo ha subito paragonato a Jim Brown, un asso afro-americano del football, forse il più grande giocatore di sempre: ”Ha la stessa determinazione, la stessa fredda voglia di primeggiare”. Le statistiche stanno dalla sua parte [...] primo 14enne a vincere il titolo americano tra gli under 18. Al prestigioso Orange Bowl, vetrina di grandi promesse, è stato il primo americano dopo Jim Courier a trionfare, ma soprattutto il primo african-american a riuscire nell’impresa in 57 anni di storia del torneo. Rodney Harmon, uno dei suoi maestri federali, non ha paura che il ragazzo si monti la testa: ” ovviamente un giocatore fuori dal comune. L’attesa nei suoi confronti, è ben riposta. Diventerà qualcuno”. Il nuovo Arthur Ashe, il primo nero a vincere un torneo dello Slam, è il paragone più inflazionato. Ma non quello prediletto da Donald che invece preferisce Sampras: ”Che di tornei dello Slam ne ha vinti molti di più - sostiene - e quindi è un campione molto più completo. Vincerne uno, o due, può essere un caso. Vincerne tanti significa essere sul serio il numero uno e questo è il mio obiettivo”. Dicono che Donald sia ormai un maturo trentenne intrappolato nel corpo ancora non bene sviluppato [...] 175 centimetri per 67 chilogrammi. Nonostante picchi già forte la pallina, ha bisogno di crescere e di mettere peso nel proprio servizio, prima di giocarsela coi fratelli maggiori. Però ditelo a Donald senior, il padre e allenatore. Che afferma: ”Mio figlio ha le qualità per emulare Sampras, e poi di superarlo. Noi non abbiamo fretta. Farà tutte le esperienze necessarie per gradi”. La prima partita da professionista l’ha vinta facilmente con un 27enne numero 220 al mondo. La seconda l’ha persa e un giornale di Miami ha dedicato una pagina all’evento, quasi fosse l’annuncio di un uragano. Nick Bollettieri, con saggezza, ammonisce: ”Donald ha bisogno di una discreta preparazione mentale. I colleghi più grandi odiano i ragazzini nel circuito pro e fanno di tutto per dimostrarlo. Devi fregartene. Ricordo i primi tempi di Agassi: i più gentili lo chiamavano punk”. La forza mentale non gli manca, dice mamma Ilona, che è pure psicologa e lo accompagna alle partite. Dove lui ogni tanto se è in vantaggio gioca con la destra (’Sarebbe comunque competitivo”, dice la lady), dove spesso sceglie la maglietta con cui giocherà la finale (ma prima che il torneo inizi) e dove prima di ogni match ha bisogno di schiacciare un pisolino di almeno un quarto d’ora. Uno così, diventa il primo giocatore sulla terra, oppure il primo nome da usare nelle barzellette sul tennis. Il tempo dirà chi ha ragione» (’Corriere della Sera” 19/1/2005).