L’Indipendente, 19/09/2004, 19 settembre 2004
Due mondi paralleli. Tuttavia nella società giapponese si percepisce ancora oggi l’esistenza di due gruppi, maschile e femminile, che hanno continuato a convivere con compiti posizioni e regole diverse senza mai mescolarsi fino in fondo
Due mondi paralleli. Tuttavia nella società giapponese si percepisce ancora oggi l’esistenza di due gruppi, maschile e femminile, che hanno continuato a convivere con compiti posizioni e regole diverse senza mai mescolarsi fino in fondo. E i diritti concessi alle donne non sono mai diventati vera e propria emancipazione, perché non hanno determinato cambiamenti sostanziali nel rapporto di potere tra i due sessi all’interno della famiglia e nel mondo del lavoro. Di fatto la donna è ancora in una posizione d’inferiorità, anche se nel tempo si è costruita circoscritti territori di autonomia. Il mestiere più diffuso per le ragazze giapponesi, con tanto di laurea e università di prestigio alle spalle, resta quello di segretarie. Le chiamano ”fiori del lavoro”, ”ragazze del tè”, ”office lady”. A loro si richiede avvenenza e rispettabilità (alcune compagnie si rifiutano di assumere ragazze che vivono da sole). Se fino agli anni universitari puoi vederle girare con mèche, minigonne inguinali, pantaloncini corti, fiocchetti e merletti stile kawai (da ”adorabili bamboline”), una volta a lavoro indossano divise anonime e abbandonano ogni eccesso. Unico imperativo: la discrezione. La donna giapponese deve occupare poco spazio, contenere i gesti, essere sempre socievole e garbata. I loro contratti, salvo difficile e personale trattativa, non contemplano mai possibilità di carriera perché i capi presumono che una volta sposate lasceranno l’impiego. La forte competizione impone rinunce e sacrifici (niente ferie e orario no stop) che mal si addicono a una mamma di famiglia, e come se non bastasse i mariti si vergognano di avere mogli che «lavorano come un uomo». Paradossalmente le ragazze del tè sono le più invidiate: dopo le cinque del pomeriggio possono disporre del loro tempo senza preoccupazioni e senza rimpianti per una realizzazione professionale dalle regole disumane. Alle donne resta la gestione dell’economia familiare, la pratica e l’insegnamento di alcune professioni ”artistiche” molto remunerative, nelle quali hanno progressivamente sostituito il sesso forte: l’ikebana (composizione floreale), la danza, la cerimonia del tè, la calligrafia. Quanto al cosiddetto ”commercio dell’acqua”, ossia la gestione di bar, locali notturni e prostituzione in genere, è un regno tutto al femminile dove le signore spesso possiedono anche i locali che mandano avanti.