Varie, 18 gennaio 2005
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Pagano Rocco
• Sannicandro Garganico (Foggia) 23 settembre 1963. Ex calciatore. La «bestia nera» di Paolo Maldini • «[...] quattro serie (dalla C2 alla A) e sette squadre attraversate in sedici anni di carriera, una tranquilla pensione trotterellante in Eccellenza con la maglia dell’Ortona [...] Il praticantato nella Primavera della Juve: “Esordire in prima squadra, a quei tempi, era impossibile. L’unico che ci riuscì fu Galderisi. In quella Juve giocavano Bettega, Tardelli, Scirea, i mostri sacri. O eri un fenomeno o ti conveniva cambiare aria. E io non ero un fenomeno...”. Due promozioni in A con il Pescara di Galeone: “Fine Anni 80, periodo stupendo, giocavo accanto a Leo Junior...”. Una vittoria in casa contro i bianconeri, Pescara-Juve 2-0, con un gran gol in contropiede, la perla del suo bottino (53 in totale): “Al limite dell’area mi sono fermato, ho chiuso gli occhi e ho tirato. Quando li ho riaperti, ho visto che avevo piazzato la palla all’incrocio dei pali di Tacconi e non ci ho capito più niente!”. Una trasferta corsara a San Siro, successo sull’Inter di Altobelli alla prima di campionato con azione personale incorporata: “Mi marcava Mandorlini, ma fui bravo a procurarmi un rigore”. Il triplo carpiato dalla C1 alla massima serie con il Perugia di Gaucci e Castagner tra il ’92 e il ’97: “Esaltante”. Una stagione a Udine nell’anno degli argentini (’90-’91): “C’erano Sensini e Balbo, Giuliani in porta, Marronaro, Marchesi e poi Buffoni in panchina: uno squadrone. Io, infatti, da titolare giocavo poco...”. Una vita da ala destra (“Ero mezz’ala: fu il mio maestro Angelo Domenghini, all’Alessandria, a cambiarmi ruolo”), annusando calcio, macinando chilometri, imponendosi come un furibondo dribblomane sui campi di tutta Italia [...] genitori operai trasferiti dalla Puglia a Torino quando era appena un bambino [...] “È incredibile che Maldini si ricordi ancora di me. Ci saremmo incontrati 4 o 5 volte, non di più. Io al Pescara, Paolo giovanissimo. Si vedeva già che era fatto di un’altra pasta. Quando dovevo affrontarlo, mi veniva male... Io ero veloce, ma lui di più. E poi non snobbava nessuno, rispettava tutti, da Platini all’ultimo fesso. Era fortissimo e leale: non riuscivi nemmeno a litigarci! Oggi mi pento di non avergli mai chiesto la maglia [...]” [...]» (Gaia Piccardi, “Corriere della Sera” 18/1/2005).