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 2004  ottobre 10 Domenica calendario

Ignudo nel deserto. In Dancalia, seguendo una pista di cacca di capra, riuscirono a trovare dei pastori vicino a un pozzo, che avrebbero potuto dare loro da bere

Ignudo nel deserto. In Dancalia, seguendo una pista di cacca di capra, riuscirono a trovare dei pastori vicino a un pozzo, che avrebbero potuto dare loro da bere. Ma poiché gli abitanti di quel paese non erano meno aspri del paesaggio l’incontro non fu quel che si dice un idillio. Il Comandante Diavolo e Daifallah si presero un sacco di bastonate e furono spogliati di tutto. In pratica gli rimaneva addosso solo una casacca di foggia araba. Quando se la tolsero per proteggersi la testa, perché una scottatura era meno pericolosa di una insolazione, rimasero completamente ignudi. Gli arabi, com’è noto non portano le mutande e se anche le avessero avute gliele avrebbero rubate. Fu Ibrahim, un commerciante di granaglie, in groppa a un cammello, a salvare i due sventurati che vagavano per la Dancalia, come Don Chisciotte e Sancho Panza, persi nel nulla. Due fantasmi arrostiti dal sole. Uomo molto pio, Ibrahim li portò con sé, li rimise in carne e li congedò con qualche tallero di mancia dopo avere cercato di rifilare la giovane figlia al Comandante Diavolo, una costante da quelle parti. Guillet e Daifallah poterono così tornare a Massaua, dove le autorità portuali inglesi erano diventate di manica larga nel concedere i permessi di viaggio per lo Yemen. Il Comandante Diavolo si spacciò per yemenita. E ottenne il visto per prendere il largo nel Mar Rosso. Una volta arrivato, a bordo di un sanbuco, nello Yemen, Guillet dovette smettere di mentire e calare la maschera. Se un funzionario inglese poteva farsi ingannare dalla scura barba e dai bianchi vestiti di foggia araba, uno yemenita non era semplice farlo fesso. Il Comandante Diavolo, che aveva intenzione di chiedere asilo nel paese che diede i natali alla famiglia Bin Laden, raccontò allora tutta la storia. Spiegò che era un tenente di cavalleria italiano, che aveva partecipato alla conquista dell’impero, che era diventato un guerrigliero della causa eritrea contro gli inglesi eccetera eccetera. Per tutta risposta, gli misero dei ceppi con catene intorno alla caviglia e lo sbatterono in una fetida gattabuia. Ma Yahia, l’imam sciita che governava lo Yemen in modo dispotico, voleva verificare la versione di Guillet. Non aveva niente contro di lui. Se la sua incredibile storia si fosse rivelata vera lo avrebbe liberato. E così fece. Il Comandante Diavolo poté rimanere in Yemen indisturbato e trattato benissimo, finché una nave italiana, la Giulio Cesare, attraccò nel porto di Massaua. Gli inglesi non ne potevano più degli italiani, che del resto, dopo la riunione del Gran Consiglio, si erano liberati di Mussolini e si apprestavano a firmare una pace separata. Così avevano deciso di lasciarne partire un po’. In breve la nave che stava salpando da Massaua fu più che piena. Ci fu persino chi, per salire a bordo, ingoiò la saliva di un tubercolotico per passare per malato terminale e chi si travestì da donna dopo essersi accuratamente depilato e truccato. Il Comandante Diavolo si nascose vicino all’àncora. Ma fu subito stanato. Da un marinaio italiano che ebbe pietà di lui e lo mise nel reparto psichiatrico della nave spacciandolo per pazzo furioso, cosa che forse non era molto lontana dal vero. Così poté arrivare in Italia dopo una pericolosa navigazione durata cinquantuno giorni. A Roma Guillet apprese di essere stato promosso al grado di maggiore e, nel giro di qualche giorno, col suo carisma entusiasta di eroe, riuscì a mettere insieme i mezzi per una missione in Eritrea. Un aereo, in circa trenta ore di volo, lo avrebbe portato in Africa orientale e lì il Comandante Diavolo, sarebbe tornato a tirare le fila della guerriglia contro gli inglesi. Questa volta con le tasche non bucate ma piene di soldi. L’8 settembre si mise in mezzo tra Guillet e questo progetto. Ma questa è un’altra storia.